Esposto è uno dei tanti appellativi con i quali nell’800 ci si riferiva ai bambini deposti, ovvero abbandonati, negli istituti di carità.
La fantasia popolare li chiamava più spesso trovatelli o gettatelli, un vezzeggiativo usato quasi a voler addolcire la verità di bambini gettati via come inutili stracci e trovati come oggetti abbandonati.
Il libro racconta di uno di loro, in chiave di romanzo, attraverso un viaggio che due amici quasi settantenni, Giovanni e Lorenzo, intraprendono nella tarda primavera del 1879.
Giovanni, uno scultore livornese di poca fama, è il padre dell’esposto. Nato ventidue anni prima dalla relazione occasionale tra lo scultore, allora un uomo maturo, e una diciottenne di Carrara, un giorno, il giovane figlio gli si presenta alla porta di casa, a Livorno, e gli rivela la sua identità. Dapprima il padre lo allontana malamente. Ma, al rifiuto, segue la pena e il rimorso al punto che egli decide di ritrovarlo.
Insieme all’amico Lorenzo, un donato della Certosa di Pisa, egli ripercorre i luoghi e le vicende che hanno segnato la vita del figlio. La trama si dipana tra la Toscana e la Liguria offrendo uno spaccato dell’epoca da Livorno a Carrara, poi a Lucca, dove si trova l’istituto degli esposti, quindi a Sarzana, a Madrignano e infine alla Spezia, dove fervono i lavori per la costruzione dell’Arsenale e delle altre strutture militari, fino al monte Muzzerone.
Nel loro viaggio Giovanni e Lorenzo incontrano persone di varia estrazione che, passo dopo passo, fanno luce sulla sorte del giovane.
Il libro trae ispirazione e fondamento dalla vicenda del bisnonno dell’autrice, Giovanni Ariodante Secondini, che, a pochi giorni dalla nascita nel 1857, fu effettivamente consegnato allo Spedale degli Esposti di Lucca. Egli descrive la sua dolorosa esperienza di vita in una lunga testimonianza poetica raccolta nell’appendice del volume.