Sono passati cinquant'anni, ha osservato Franca Landi, dal Concilio Vaticano II, che aprì una fase nuova di accostamento della Chiesa cattolica ai problemi dell'ordinamento della società civile. La Landi si è riferita in particolare all'approvazione della Dignitatis Humanae, la Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa: "il documento, secondo Papa Giovanni Paolo II, più rivoluzionario del Concilio, perché mette al centro la dignità della persona e considera la fede come un rapporto personale con Dio". Oggi, ha aggiunto,"occorre superare inammissibili ritardi e procedere a intese legislative che riconoscano la libertà religiosa".
Don Dianich ha convenuto sul carattere di svolta del Concilio: "una svolta di cui la Chiesa aveva bisogno, rispetto a una tradizione che viene dalla Bibbia e che mette al centro il collettivo e non la persona". Il teologo cattolico ha così proseguito: "il Cristianesimo si è a lungo saldato con il potere, solo a fine '800 ha riconosciuto il principio della tolleranza, che non è ancora la libertà religiosa". La svolta si impone con la democrazia, e grazie alla spinta dei Vescovi non europei: con il Concilio "l'errore ha gli stessi diritti della verità, la libertà di coscienza è inviolabile, l'uomo può volgersi al bene solo nella libertà". Per don Dianich occorre una legge sulla libertà religiosa, e "l'opposizione ad essa da parte della Conferenza Episcopale non appare coerente con il Concilio"; ma, al di là della legge, "il problema è la cultura, la mentalità diffusa, come dimostra per esempio l'ostilità di molti a realizzare moschee per i musulmani, che sono sempre più numerosi nelle nostre società".
Molte le convergenze con Dianich da parte della studiosa di religione protestante Debora Spini, che ha rivendicato "il valore fondante della laicità", che "è nel Dna dei protestanti". Vanno garantiti "la libertà di coscienza, il diritto dell'individuo, la divisione tra religione e potere politico", ma c'è bisogno di qualcosa di più: "il riconoscimento reciproco, la relazione dialettica tra identità diverse". Da questo punto di vista, ha proseguito, il problema principale è il rapporto con l'Islam: ma "non c'è altra prospettiva che l'accettazione coraggiosa e gioiosa della differenza per arricchire la democrazia". L'auspicio finale di entrambi i relatori, dopo l'ampio dibattito con il numeroso pubblico presente, è stato quello del dialogo e dell'integrazione tra tutte le religioni e tendenze etiche, comprese quelle dei non credenti, per costruire, nelle differenze ma insieme, il bene comune.