A introdurre l'incontro, dopo che Livio Bernardini e Egidio Simeone avevano cantato "Bella ciao", è stato il partigiano Piero Guelfi, presidente di Anpi Sarzana: "Mai nessun titolo avrebbe potuto, come ha fatto quello di questo libro, farmi ricordare il tempo della Resistenza", ha detto commosso, ricordando anche la partigiana Vanda Bianchi e i tanti momenti passati con lei e con l'autore.
Massimo Dadà, presidente del Museo, ha definito "Eppur bisogna ardir" "non solo un libro di storia, ma anche e soprattutto un libro politico e morale, che spinge a metterci in gioco e ci fa venire voglia di metterci in gioco" perché rivivano gli ideali della Resistenza.
Alessio Giannanti, di Archivi della Resistenza, ha parlato di "doppia seduzione del libro": "perché ha l'odore di un album di famiglia, che intreccia la storia della Resistenza ligure e di quella toscana" e "perché riflette su che cos'è la memoria di fronte alla crisi dell'antifascismo".
Anche per Giannanti il libro di Pagano "non è solo un libro di storia, ben documentato, ma è molto di più, è un libro politico e morale, e anche un libro dal forte impatto emotivo, non solo utile ma anche emozionante". I protagonisti del libro, ha concluso, "sono gli uomini e le donne, e la Costituzione".
Per Andrea Ranieri, giornalista e scrittore, figlio di Paolino - che fu capo partigiano e poi sindaco di Sarzana - è giusto, come fa Pagano, "ripartire dalle persone di fronte alla crisi delle organizzazioni sociali e politiche", perché la "Resistenza non si tramanda come fatto istituzionale, ma andando a scavare nelle persone". Non dobbiamo, ha aggiunto, "avere paura dell'individuo", ma lottare "per una rivoluzione della dignità che parta dalle persone". L'altro protagonista del libro, ha convenuto Ranieri, è la Costituzione, "che non va difesa, va attuata". Nel prossimo referendum sulla Costituzione "in gioco non c'è tanto questa o quella riforma del Senato, ma la concezione della politica". La politica, ha proseguito Ranieri, "non può essere decisione dall'alto, con i cittadini spettatori", è partecipazione, come insegna la Resistenza e come dice la Costituzione.
Infine l'autore, che si è soffermato sull'attualità perenne del "coraggio morale" dei resistenti e della loro concezione della vita "come cammino non solo individuale ma collettivo": valori indispensabili anche oggi, "di fronte alla vigliaccheria e all'individualismo". Restituire ai giovani l'eredità della Resistenza è difficile, ha aggiunto, "perché non esistono più partiti 'costituzionali', così come li definiva lo storico cattolico Pietro Scoppola": "possiamo ripartire solo dalle persone, dalle storie, dalla società, dalla cultura". In fondo, ha aggiunto Pagano, è sempre stato così: "una forza nuova si afferma nella politica e nelle istituzioni solo se prima si palesa nelle persone, nella società: come fu nella Resistenza, e poi nel giugno-luglio 1960, quando tutto partì dai giovanissimi".
Questa la conclusione: "Ha ragione Enzo Bianchi, il monaco priore di Bose: 'Per ora manca un'insurrezione delle coscienze, ma prima o poi i giovani e i poveri si ribelleranno'". Poi tutta la sala ha cantato "Fischia il vento": un verso originario di questa canzone, che fu il vero inno dei partigiani ai monti, è diventato il titolo del libro.
Foto: Enrico Amici