Tra poche settimane, alla Spezia, sarà ricordato il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione nazionale e della fine di un tragico conflitto, che mise a ferro a fuoco la città e il territorio della provincia. Un giorno di festa, dunque, come lo fu quello di settant'anni or sono.
Ma alla Spezia – ed in particolare nella comunità diocesana – il sollievo e la gioia della fine della guerra erano stati anticipati, poche settimane prima, da un'altra "liberazione": quella di nove sacerdoti che nel novembre precedente erano stati ingiustamente arrestati, torturati e poi detenuti per alcuni mesi in condizioni indicibili nelle carceri genovesi di Marassi ad opera dei nazifascisti. La liberazione dei nove sacerdoti avvenne il 29 marzo 1945, Venerdì Santo. Lo ricorda il vescovo di allora Giuseppe Stella nelle sue memorie, nelle quali dà atto dell'impegno generoso e determinante che ebbero, in questa circostanza, il cardinale arcivescovo di Genova Pietro Boetto ed il suo ausiliare, e futuro arcivescovo, Giuseppe Siri. Proprio Siri li accolse nel seminario di Genova, allora in via Porta d'Archi, nelle prime ore di libertà. Questi i loro nomi: don Renato Reali, don Giovanni Bertoni, padre Pio Rosso, don Giuseppe Pieroni, don Bruno Duchini, don Antonio Mori, don Mario Scarpato, don Mario Devoto, monsignor Ferruccio Casabianca. Alcuni erano sacerdoti molto giovani, altri, come Casabianca e Mori, rivestivano ruoli importanti nella diocesi. Erano stati tutti arrestati e poi tradotti a Genova in seguito ad assurde delazioni di personaggi del fascismo repubblichino spezzino, poi condannati a morte e giustiziati nel 1947. L'odissea dei sacerdoti spezzini – che si aggiunse alla fucilazione di don Emanuele Toso e di don Giovanni Battista Bobbio ed alla deportazione in Germania di don Dino Ricchetti e di don Nilo Greco – fu un aspetto importante della lotta di liberazione, testimonianza della disperata rabbia di un potere ormai sconfitto e destinato alla propria rovina. Anche dal sacrificio di quei sacerdoti nacque lo "spirito costituente" del dopoguerra, ed in particolare l'impegno sociale e politico di tanti giovani cattolici, a cominciare proprio dal gruppo di don Mori, formatosi presso la parrocchia della Scorza, dove egli era prevosto. Per questo la loro liberazione, per quanto comunicata "sotto traccia" in quanto la guerra e le rappresaglie erano ancora in corso, fu considerata da molti, all'inizio di quel mese di aprile di settant'anni or sono, come il preludio di una stagione nuova di pace e di concordia.