Al Museo diocesano della Spezia, in via del Prione, è aperta sino al 30 settembre la mostra fotografica «Segni del sacro».
Le opere dei tredici espositori hanno al centro le immagini di quattro chiese cittadine, tutte edificate in epoche lontane. Maurizio Borrini, Cristina Cavazzuti, Roberto Celi, Alessandro Fiorentini, Flavia Mauri , Elisabetta Neri, Michele Oliva, Giorgio Pagano (sì, è l'ex sindaco di Spezia), Chiara Pedrotti, Tiziana Pieri, Emanuela Quattrone, Nicola Spadoni e Gregorio Tommaseo hanno infatti recuperato e celebrato uno spaccato del patrimonio storico, artistico e spirituale della Spezia, attraverso coinvolgenti immagini ed accurati dettagli delle chiese di Santo Stefano a Marinasco, di San Michele Arcangelo a Pegazzano, di San Francesco Grande, sfrattata dalla costruzione dell'Arsenale militare, e dell'antichissima pieve di San Venerio. Le chiese scelte sono veri e propri monumenti, non sempre ben conservati, e i monumenti, dal latino «monère», si elevano per ricordare. Le schede a corredo della mostra, redatte da Andrea Marmori, esprimono con esemplare sintesi le antiche storie dei quattro edifici, intorno ai quali si è raccolta e sviluppata la fede delle comunità spezzine. Sono storie l'una diversa dall'altra e crea sempre sconcerto apprendere, ad esempio, che l'esteso convento di San Francesco Grande (1480/1490), operativo sino al 1863, oggi è stato adibito a... caserma dei Carabinieri. Da quella chiesa, la cui facciata è tuttora ben visibile, provengono importanti opere d'arte oggi conservate nella chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta, in piazza Beverini. Ma ognuna delle quattro chiese offre suggestioni e notizie importanti. Ci sono pertanto buone ragioni per visitare la mostra, che esalta il ruolo della fotografia, con immagini che alimentano un processo di vera dilatazione del pensiero, com'era nei presupposti del Gruppo «Obiettivo Spezia» dei tredici fotografi. Si dice che l'odierna società sia «drogata» da un'infinità di immagini che si divorano con rapidità vertiginosa, somiglianti quasi «più a cose morte che a cose viventi». Ebbene, le fotografie di questa mostra, nel perseguire la forza della verità e il fascino della bellezza, offrono invece la dimensione reale di qualcosa di vivo, che ha desiderio di contare nel tempo presente per proiettarsi nel futuro. La mostra è visitabile il giovedì dalle 10 alle 12.30, il venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.