Sabato 12 ottobre alle ore 17,30 inaugura, presso l’ex Convento degli Olivetani (Le Grazie), la retrospettiva del pittore Carlo Tartarini (1952-2020) promossa dall’Associazione “Il Volo dell’Arte”, a cura di Valerio P. Cremolini, Fabrizio Mismas e Roberto Prudente.
La mostra, patrocinata dal Comune di Porto Venere, si protrae sino al 20 ottobre.
Orario di visita: da martedì a domenica, 10-12/16-19.
Così il critico Valerio P. Cremolini presenta la mostra:
Rigoglioso cromatismo
Prima di iniziare a scrivere questo contributo ho desiderato rileggere il testo che ho dedicato a Carlo Tartarini subito dopo la sua dolorosa scomparsa. Mi stava a cuore rappresentare rapidi accenni del suo percorso artistico e soprattutto il consolidarsi di una rinnovata relazione amichevole, maturata dopo alcuni incontri, tra cui durante la bella personale con il collega Roberto Prudente al Liceo Artistico della nostra città. Sono grato a Fabrizio Mismas per aver suggerito questo omaggio espositivo in uno spazio ricco di storia, non trascurato da quanti accedono alle Grazie, dove Tartarini ha trascorso da docente la sua attività professionale.
Questa mostra precisa lo spessore dell’arguta esperienza che gli è riconosciuta, offrendo un denso spaccato del suo itinerario creativo, transitato tra distinti linguaggi, mai affrontati con superficialità. Così ho apprezzato con sincera spontaneità, cogliendovi intensità riflessiva e spiccata autonomia, le vitalistiche tele degli anni Ottanta, nelle quali Tartarini ha fatto rivivere lo stato d’animo che permea la pittura informale, che nella curata matericità del colore e nell’uso di opportuni materiali extra-pittorici rivela diffuse problematicità esistenziali.
La creatività non persegue un esclusivo punto di arrivo, essendo un processo dinamico non estraneo alla ricerca del nostro artista, che ha saputo concretizzare l’azione del pensiero nella definizione di nuove tappe formative delle immagini. Nella loro unicità esse sono partecipi di un particolare momento genetico, di speciali intuizioni che si nutrono del mondo interiore dell’autore e del suo sguardo rivolto a ciò che lo circonda.
Non è poi marginale l’apporto della tecnica, che si giova della libertà del pittore sia quando afferma la propria linea operativa sia quando si spinge oltre approdando, talvolta, al sorprendente e all’inatteso.
Nel 2017 ho scoperto al LAS un Tartarini rinnovato, ancora strettamente legato alla forza mimetica del colore, ma non più avvolto dal tepore di accurati tonalismi,
Continuo a ritenere appropriato l’appellativo di “abile tessitore di segni variopinti”, che mi è sorto spontaneo dinanzi alle comunicative superfici di Tartarini affollate da minuscoli e ordinati frammenti di colori, che nel loro insieme danno la sensazione sia della loro naturale complementarità sia, nonostante tutto, di una visione felice dell’esistenza. In vari studi riguardanti psicologia, sociologia ed anche la scienza è stato affrontato l’aspetto della espressività dei colori, che, per Gianfranco Zappettini, autorevole esponente della Pittura analitica, hanno la peculiarità di «mettere in relazione due mondi: uno tangibile e fisico e uno intangibile e metafisico». Ritengo che anche per Tartarini il colore abbia rappresentato l’anima fondante del suo progetto cromatico, che per quanto rigoglioso non ha mai derogato ai requisiti della purezza e della leggerezza. Le sue tele, in parte riproposte nella mostra alle Grazie, suscitano le più libere narrazioni, che traggono vigore dall’esuberante protagonismo del colore, che domina gli spazi razionalmente occupati dal succedersi di infinite, minuscole particelle che rivelano il personale fare dell’artista.