Eliana Vecchi, studiosa di storia medievale, saggista e presidente della sezione lunense dell'Istituto internazionale di studi liguri, ha presentato ieri mattina a Sarzana, nella chiesa di San Francesco, i risultati di alcuni recenti studi sulla figura del vescovo di Luni Bernabò Malaspina e sul monumento funebre a lui dedicato, nel transetto della stessa chiesa.
Malaspina visse nella prima metà del Trecento, al tempo di Castruccio Castracani, al quale sopravvisse per circa dieci anni, morendo il 5 agosto 1338, e attraversando quindi il contrastato periodo delle lotte tra guelfi e ghibellini in Lunigiana. Vecchi ha insistito in modo particolare sui legami che la famiglia Malaspina aveva in quel periodo con i Fieschi di Lavagna e di Genova, e nello stesso tempo con l'ordine francescano, già presente a Sarzana da quasi un secolo, ordine che poi accolse il suo sepolcro dirimpetto a quello di Guarnerio degli Antelminelli, il piccolo figlio di Castruccio. La relazione e il dibattito che ne è seguito hanno confermato così ancora una volta il valore e l'interesse storico che il periodo del Trecento propone sia per Sarzana sia per la Lunigiana tutta e per l'alta Toscana.
Al termine dell'esposizione di Eliana Vecchi, i presenti si sono spostati nel transetto per ammirare, e discutere, anche sul piano artistico, la tomba del presule malaspiniano. Sono emersi così alcuni aspetti di carattere artistico che sono stati giudicati meritevoli di approfondimento.
Mentre così Paolino Rangoni, egli stesso apprezzato artista del nostro tempo, ha fatto notare la somiglianza giottesca (Cappella degli Scrovegni a Padova) della Vergine con il Bambino rappresentata nelle sculture dell'arca marmorea mentre raccoglie la preghiera di Bernabò, l'architetto Stefano Calabretta, anche lui studioso del monumento, ne ha suggerito alcune anticipazioni barocche, ad esempio nella collocazione dell'edicola marmorea sovrastante la cassa, edicola oggi scomparsa ma certo simile a quella per la tomba di Galeotto Malaspina che si ammira a Fosdinovo nella chiesa di San Remigio: la sovrapposizione tra l'opera in marmo e il finestrone del transetto doveva infatti suscitare suggestioni luminose non dissimili da quelle del successivo barocco.
Da Giotto al Barocco, dunque, passando per il gotico toscano già ben rappresentato da Giovanni di Balduccio da Pisa nella tomba di Guarnerio: "Il Trecento sarzanese - ha detto nelle conclusioni Egidio Banti, presidente del centro "Niccolò V" ed organizzatore dell'evento, inserito in "Call for Ideas" del Comune di Sarzana - si conferma ancora una volta come sintesi di esperienza culturali, storiche ed artistiche dell'Italia nascente, ma anche come anticipatore di tempi successivi".
Il programma "francescano" del "Niccolò V" proseguirà ora con un incontro che sarà organizzato in dicembre, insieme al Museo diocesano, per l'ottavo centenario del presepe di Greccio (notte di Natale del 1223).