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Valeriano, il Sessantotto discusso in piazza

Sono stati presentati i libri di Maria Cristina Mirabello e Giorgio Pagano.

Entrambi i volumi del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello "Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” sono stati presentati anche a Valeriano, in una bellissima serata in piazza della Chiesa che ha visto riuniti e a lungo discutere gli abitanti del borgo. Oltre agli autori c’erano Roberto Centi, docente e consigliere regionale, che ha presentato il libro, il vicesindaco del Comune di Vezzano Simone Regoli e l’assessore alla cultura Ilenia Orlandi. Alla fine i partecipanti hanno gustato gli eccellenti piatti preparati dalle donne di Valeriano.

Centi ha affermato di “aver capito davvero il Sessantotto grazie al libro”, perché “la cultura politica del Sessantotto ha una ricchezza ben più ampia e creativa dei suoi esiti politico-organizzativi negli anni Settanta”. Ha detto Giorgio Pagano: “La vera cultura del Sessantotto è la sua politica della conoscenza, è la lotta per un nuovo sapere, alternativo al nozionismo dogmatico. Tutto il contrario del sei politico. C’è una collisione tra la mentalità del ‘Sessantotto degli inizi’ e l’ideologismo successivo. Don Milani e i ragazzi del Sessantotto volevano che si studiasse di più e meglio, non di meno. La questione è che furono lasciati soli: il movimento diventò dottrinario e dogmatico, partiti e sindacati si interessarono assai poco di scuola”.

Maria Cristina Mirabello si è soffermata sul Sessantotto come fatto generazionale ma anche come incontro tra generazioni: “I giovani erano tanti, entrati nella scuola superiore sull' onda della riforma attuata con la media unica ed entrati nelle Università grazie alla liberalizzazione degli accessi. L'incontro giovani- anziani si ha già nel Sessantotto operaio e poi con l'Autunno caldo, in fabbrica”. E sulla partecipazione delle donne: “Nel 1968 non c'è ancora il femminismo ma sicuramente l'ampia partecipazione delle ragazze al movimento studentesco ne favorì la successiva nascita”.

I partecipanti hanno evidenziato il ruolo della musica, che ebbe un ruolo decisivo nella formazione dei giovani. Ha detto Pagano: “Al diffuso bisogno di ideali che diano un senso alla vita rispose in primo luogo la musica. Fu un’energia liberatoria. Se leggiamo le testimonianze dei giovani che occupavano le scuole e dei giovani che nelle cantine davano vita ai ‘complessi’, ci accorgiamo che le parole sono identiche. Proprio per questo a dare il titolo al libro è il verso di una canzone, la più emblematica di quegli anni. Beppe Carletti, che ho intervistato, dice: ‘Dio è morto è un manifesto programmatico, valido ancora oggi’. Ha davvero ragione”.

 

 

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