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Nel convento di Gaggiola ritrovati e portati a nuovo splendore due quadri dimenticati del tardo Rinascimento In evidenza

di Anna Mori – Le due opere verranno svelate con una cerimonia ufficiale in programma mercoledì 7 dicembre alle 16 nella chiesa del Convento di San Francesco.

Un grande tesoro rimasto nascosto per moltissimo tempo nel convento dei frati francescani di Gaggiola è ritornato alla luce dal buio di una cattiva conservazione e dalla scarsa conoscenza del suo valore. Il patrimonio culturale spezzino, così vivo per la presenza di opere religiose e musei civici, si arricchisce di due capolavori del tardo Rinascimento genovese frutto dell’estro di Aurelio Lomi Gentileschi (1556–1624), pittore pisano.

Figlio di Giovanni Battista e fratello di Baccio e Orazio (Gentileschi, probabile cognome della madre), anch’essi pittori, operò nel periodo compreso tra il tardo Rinascimento ed il Barocco e fu attivo a Pisa, Roma, Firenze e Genova, dove lasciò diverse importanti opere in chiese ed oratori cittadini. Aurelio Lomi era zio di Artemisia Gentileschi, figlia di suo fratello Orazio ed è stato maestro, fra gli altri, di Simone Balli e Domenico Fiasella.
Correva l’anno 1597 quando Aurelio Lomi lasciò Pisa e si trasferì a Genova. La sua grande formazione e la vasta cultura figurativa aggiornata secondo i canoni del tempo, gli permisero di imporsi molto in fretta nel contesto genovese, allora ambiente ancora acerbo e povero di talenti.
I primi lavori del Lomi in terra ligure furono due dipinti per altare, due pendants, che raffiguravano ‘Giuseppe calato nella cisterna’ e ‘Il Sacrificio di Isacco’, opere citate anche dal Soprani nelle sue ‘Vite de pittori...’ e da Carlo Giuseppe Ratti nella sua guida artistica della città di Genova. Le due tele furono installate nella Cappella Grimaldi del Convento di Castelletto, ubicato come consuetudine per quel tempo per gli ordini conventuali in una zona periferica.
La costruzione dei bellissimi palazzi rinascimentali di Strada Nuova, l’attuale via Garibaldi, si estese gradualmente in alcuni terreni occupati dal convento. Furono tuttavia le soppressioni di età rivoluzionaria e napoleonica a determinare la fine del complesso conventuale, il quale venne suddiviso in numerosi lotti, con destinazioni diverse. Parte del convento venne inglobato negli edifici di civile abitazione, mentre due navate della chiesa vennero abbattute nel 1818 sia per realizzare il giardino nella parte a monte di Palazzo Bianco (dove ancora oggi è possibile osservare alcuni resti) sia per costruire una porzione di Palazzo Tursi.

Non conosciamo date e circostanze della traslazione delle due tele alla Spezia, ma sicuramente il trasferimento sarà stato una conseguenza della spogliazione e del successivo smembramento del complesso conventuale di Castelletto. E non sappiamo nemmeno se le due tele sono transitate per ‘San Francesco Grande’, dove i frati sono rimasti fino al 1810 quando le truppe napoleoniche hanno occupato il convento. Nel 1820 i frati se ne riappropriarono giusto in tempo per trasformarlo in lazzaretto a causa dell’epidemia di peste. Quando nel 1863 il complesso venne espropriato per lasciare il posto alla costruzione dell’Arsenale Militare, l’altra tela del Lommi presente in città. ‘Il miracolo di San Diego’ dipinta sempre a Genova nel 1600, fu traslata nella chiesa di Santa Maria Assunta, ma delle due tele ‘Giuseppe calato nella cisterna’ e ‘Il Sacrificio di Isacco’ non abbiamo notizia.
I due dipinti ad olio su tela di Aurelio Lomi sono stati riscoperti durante lavori di restyling del convento, quindi affidati allo Studio Martino Oberto di Genova per il restauro, eseguito sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la Provincia di La Spezia nella persona della Funzionaria di zona Dott.ssa Rossana Vitiello.

Preliminarmente al restauro, è stata eseguita un’accurata analisi diagnostica che ha confermato il mediocre stato di conservazione delle opere, dovuto alla presenza di sporco superficiale, ossidazioni, bruciature di candela e cadute di colore. Nel contempo ha fornito maggiori informazioni sulla tecnica esecutiva adottata dall’artista, ha permesso anche di individuarne le firme e ha presentato l’indispensabile fondamento conoscitivo su cui fondare le metodologie di intervento. Il restauro vero e proprio ha previsto una prima fase di pulitura delle superfici, seguita dalla foderatura delle tele, dalla sostituzione dei vecchi telai con nuovi, la stuccatura delle lacune e la reintegrazione pittorica. Infine la stesura di uno strato di vernice protettiva ha concluso le operazioni di restauro.

I quadri ritrovati, prima di essere esposti pubblicamente nella segreteria del Convento, saranno svelati con una cerimonia ufficiale in programma mercoledì 7 dicembre alle 16 nella chiesa del Convento di San Francesco a Gaggiola.
La cerimonia sarà alla presenza del vescovo diocesano, monsignor Luigi Ernesto Palletti, del guardiano del Convento frate Luigi Ameglio e di Rosanna Vitiello, funzionaria della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia della Spezia.
La presentazione del restauro sarà affidata a Margherita Levoni dello Studio Martino Oberto di Genova.

L’intervento è stato reso possibile grazie al bando dello Studio Oberto “RestauriAmo l’Arte – beni mobili nella Diocesi della Spezia, Sarzana e Brugnato” e al contributo dell'Associazione San Francesco Organizzazione di Volontariato.

 

 

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