Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” ha fatto tappa al Canaletto, al Circolo ARCI. Nell’occasione è stata proiettata la presentazione multimediale “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”, a cura del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia, presenti gli autori Roberto Celi e, per le tracce sonore, Gian Paolo Ragnoli.
Si tratta di un video basato su una parte delle molte centinaia di fotografie, quasi tutte inedite, pubblicate nel libro, riguardanti il decennio dei Sessanta alla Spezia, con incursioni nel decennio precedente, dal 1952, e in quello successivo, fino al 1972.
Le due sezioni “Immagini”, ciascuna per ogni Volume del libro, contengono non solo fotografie, ma anche cartoline, riproduzioni di opere artistiche, di volantini, manifesti, inviti, depliant, locandine.
“Moltissime immagini del libro -ha detto Giorgio Pagano, curatore delle due sezioni- dimostrano, per citare il grande fotografo Tano D’Amico, che ‘quando si mette in discussione un regime, uno stato di cose, prima a cambiare è l’immagine’.
Cambia il modo di esprimersi delle persone, di vestirsi, di camminare, di guardare, di sorridere, di comunicare, cambiano i volti e i corpi: dietro i grandi cambiamenti delle immagini ci sono grandi cambiamenti collettivi. Molte fotografie riescono a vedere le speranze delle persone rappresentate, le loro aspirazioni a un mondo nuovo. Sono immagini difficili da addomesticare e capaci di rimanere nel tempo. Immagini che non muoiono mai, che hanno una vita propria, una dignità propria, una libertà propria. Immagini grazie alle quali conserviamo la memoria dei vinti, sconfiggendo il tentativo di rimuoverla”.
Sono state molto apprezzate anche le tracce sonore del video, scelte da Gian Paolo Ragnoli. La musica e le canzoni sono protagoniste del libro, ha detto Pagano, perché ebbero “un ruolo decisivo nella formazione dei giovani: al diffuso bisogno di ideali che diano un senso alla vita rispose in primo luogo la musica”.
Gli autori hanno poi discusso con Nicola Pedretti, presidente del Circolo ARCI del Canaletto, in particolare sui rapporti tra il Sessantotto, i movimenti successivi e l’oggi.
Per Maria Cristina Mirabello, “pur essendo chiaro che i luoghi da cui partire per cambiare la società sono quelli dove si fa conoscenza e quelli dove si produce, insomma, schematicamente, la scuola e la fabbrica, luoghi che tendono a ripetersi dopo il Sessantotto, non si vedono molte analogie tra Sessantotto e fasi successive del movimento studentesco, nel senso che lo spartiacque è stato segnato dal 1977, ben diverso dalla fase precedente.
Non solo, il Sessantotto, che è essenzialmente rivolta, contro l’autoritarismo padronale, scolastico, dei costumi, ecc., è tuttavia inserito in una cornice che, in qualche modo, ha maggiori coordinate comuni, a livello culturale, di visione del mondo, mentre le fasi successive, apparentemente caratterizzate da una più facile comunicazione su reti mondiali, risentono di più dell’avvento del ‘pensiero debole’ e quindi della frammentazione a esso seguita”.
Per Giorgio Pagano “oggi serve un pensiero nuovo, per la nuova centralità, rispetto ad allora, della questione ambientale, e per il modo diverso in cui si manifestano le questioni, centrali anche allora, del lavoro e del sapere”. Deve emergere di più -ha aggiunto Pagano- “il nesso tra queste questioni: la lotta contro la crisi climatica non è ‘romanticismo verde’ ma messa in discussione del sistema economico”. Detto questo, del Sessantotto “ci restano pulsioni vitali, che hanno lasciato segni difficili da cancellare: la necessità di creare un nuovo ‘senso comune’, una nuova moralità, un nuovo senso della vita”.
La lezione del Sessantotto, ha concluso, è che “tutte le mobilitazioni collettive di progresso esigono un mutamento culturale ed etico, un certo rinnovamento spirituale, che richiede radicalità”. Ecco perché “la spinta generazionale sulle scelte per l’ambiente a cui stiamo assistendo oggi, in radicale opposizione al sistema dominante, ricorda in qualche modo il Sessantotto”.