Oggi, domenica che precede la festa di San Martino, si celebra in tutta Italia la “Giornata del ringraziamento” della gente dei campi, da molti decenni organizzata dalla Coldiretti con la collaborazione della Conferenza episcopale italiana.
Com’è tradizione, in questa giornata, in molte parrocchie vengono portati all’altare, al momento dell’Offertorio, prodotti della terra, in segno di ringraziamento al Signore per l’annata agraria trascorsa e nella preghiera per un buon esito della nuova annata. Si tratta di una celebrazione sempre suggestiva ed intensa, collegata non solo con la devozione a San Martino, ma anche alla figura biblica del re Melchisedec.
Pochi però sanno che questa usanza risale molto indietro nelle tradizioni della Chiesa romana, ed in particolare alla figura di un pontefice che era di Luni, Eutichiano, che fu Papa dal 276 al 283. I suoi resti, trasferiti nel Seicento dalle catacombe di San Callisto, sono ora conservati nell’antica cattedrale di Sarzana, la città erede di Luni. Ebbene, al di là di questo e nella scarsità di altre informazioni, ha sempre suscitato interesse la notizia – riferita nel testo citato del “Liber Pontificalis” – secondo la quale Eutichiano avrebbe appunto stabilito che “sull’altare, durante la celebrazione della Messa, potessero essere benedetti, tra i frutti della terra, solamente le fave e l’uva”. A quanto pare, nella Chiesa del tempo, era in corso una discussione proprio sulla legittimità o meno di portare sull’altare prodotti della terra. Eutichiano mise dunque un primo punto fermo, autorizzando l’”offerta”, sia pure, in un primo tempo, soltanto quella delle fave e dell’uva.
E qui viene da riflettere proprio sull’origine di Eutichiano. Poiché infatti si tratta di frutti di due stagioni diverse, rispettivamente la primavera e l’autunno, appare evidente come il papa di Luni, città marittima con un vasto retroterra agricolo, abbia in qualche modo fatto riferimento alle sue origini: a Luni, in quel periodo, si producevano sia il formaggio celebrato da Marziale per le grandi forme che qualcuno considera antenate dei moderni formaggi padani, sia diverse qualità di vino e di olio ed anche molti prodotti dei campi, tra i quali le fave. Terra dunque di allevamenti ma anche di produzioni orticole, almeno sino alla grande crisi agricola del IV secolo. Se dunque Eutichiano, prima di raggiungere Roma, aveva vissuto a Luni, di sicuro conosceva l’importanza delle fave nelle coltivazioni agricole dell’area appenninica e quindi nell’alimentazione di quei tempi. Appare dunque verosimile il fatto che proprio le fave siano state da lui individuate come simbolo dei prodotti agricoli del periodo primaverile, così come l’uva per quelli del primo autunno. Con tale decisione, quindi, il Papa mostrava particolare attenzione (lo stesso vale ovviamente per le uve) per le popolazioni di campagna, venendo incontro alle loro consuetudini e tradizioni.
Nei secoli successivi la tradizione, come si dice, si consolidò, sinché venne unificata nelle celebrazioni per la “giornata del ringraziamento”. Per quanto riguarda l’uva e il vino, peraltro, esistono anche in Lunigiana tradizioni ulteriori per la loro “offerta” sia in occasione della vendemmia, sia in altri momenti.
(Testo di Egidio Banti)