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La scuola ai tempi del Covid-19: cosa resterà nel futuro? In evidenza

di Doris Fresco- Abbiamo parlato con diverse figure del mondo scolastico, che ci hanno aiutato a capire diversi aspetti di un quadro decisamente variegato.

Il 18 maggio ormai è alle porte e già si inizia a respirare un clima di quasi normalità, ma sul ritorno a scuola ancora poche certezze: mentre l’emergenza Coronavirus sta lasciando spazio ad una nuova fase per vari settori, con una lenta riapertura che si concretizzerà nelle prossime settimane, per quel che riguarda la scuola è ancora tutto da decidere.

Sicuramente anche nella nostra provincia la scuola è un mondo estremamente variegato, che vede protagonisti differenti soggetti, partendo dagli studenti, arrivando al personale Ata, docenti, educatori professionali; tutto questo per asili, materne, scuole elementari, medie e superiori, istituti pubblici e privati. La realtà è sotto gli occhi di tutti: da un giorno all’altro la scuola si è ritrovata chiusa e da tre mesi quello che era sperimentale, come progetti di didattica on line, è diventato la quotidianità. Dopo tutto questo, che ne sarà della scuola del futuro? La situazione è in divenire: il Ministero fa sapere che insieme al comitato scientifico si stanno immaginando tre differenti scenari a seconda dell'andamento dell'epidemia. Scenari che dovranno tenere conto che gli ordini di scuola non sono tutti uguali e quel che varrà per gli studenti di superiori e medie, non potrà valere per asili, materne o elementari.

UN UNICO MONDO, DIVERSI PROTAGONISTI

Cercando di fare chiarezza, abbiamo interpellato diverse figure del mondo scolastico, che ci hanno aiutato a capire diversi aspetti di un quadro così variegato.
Arianna Mussoni, proprietaria, insieme a due socie di un asilo privato, ci ha spiegato: “Sicuramente la situazione è molto complicata, sia sotto il profilo educativo e pedagogico, sia, parlando del nostro lavoro, sotto il profilo economico. Da un lato non abbiamo più entrate da due mesi, mentre dobbiamo comunque continuare a sostenere i costi fissi. Molti genitori hanno scelto di pagare comunque la retta in questi mesi, potendo poi chiedere a loro volta il rimborso, ma per altri non è stato possibile, quindi ad oggi stiamo vivendo una situazione davvero difficile. Presto nascerà un’associazione allo scopo di mettere in rete gli asili spezzini, perché siamo in tanti e molti sono in difficoltà ancora più grandi rispetto a noi, che abbiamo una sola dipendente e siamo tre socie”. Anche per quel che riguarda il futuro Arianna vive in un clima di incertezza: “Si parla di far tornare i bimbi all’asilo già a giugno, ovviamente con presenze di 3-4 bambini per volta, ma come potrebbe essere possibile? Far fare dei turni ai bambini significherebbe che non tutti vengono all’asilo tutti i giorni, quindi cosa dovrebbero fare gli altri?”.

Insomma stando così le cose, in molti potrebbero scegliere, pur potendo, di non riaprire fino a settembre: “Ovviamente riaprire per 3 o 4 bambini per volta significherebbe non poter sostenere i costi, anche perché per riaprire servirebbe un investimento sul fronte della sicurezza, perché la priorità è per tutti evitare nuovi contagi”.

Drammatica anche la situazione degli educatori professionali. Per questo abbiamo parlato con i dipendenti di una cooperativa sociale che, su appalto comunale, presta servizio di assistenza specialistica nelle scuole del territorio spezzino, che spiegano: “Con la chiusura delle scuole a febbraio il servizio è stato bruscamente interrotto. Abbiamo incominciato a lavorare l'ultima settimana di aprile. Siamo stati dimenticati e non ascoltati per ben due mesi.

Dire che affrontiamo nuove frontiere rende poco l'idea. Di fatto stiamo cercando di organizzare e reinventare un servizio basato su relazione, contatto e comunicazione che nella maggior parte dei casi implicano molto più della semplice forma verbale, e lo stiamo facendo a distanza. La mancanza di contatto fisico rende tutto molto difficile ma ce la stiamo mettendo tutta e i nostri alunni ci stanno dimostrando che ci stiamo riuscendo.
Purtroppo a livello nazionale non si è tenuto un granché conto delle esigenze degli alunni con problematiche importanti. Pensiamo alle piattaforme che non hanno un doppio canale comunicativo e che rendono di fatto la scuola meno fruibile agli alunni più svantaggiati. Insegnanti e dirigenti stanno facendo del loro meglio, e noi con loro, ma se questa situazione a distanza dovesse continuare lo stato deve pensare a qualcosa di diverso”.
Certamente una situazione complicata, perché il distanziamento sociale che pare unico punto fermo per evitare una seconda ondata Covid-19, non è conciliabile con l’idea di scuola come l’abbiamo avuta fino ad ora.

AFFRONTARE L'EMERGENZA: UN ANNO BUTTATO?

E se per l’asilo o le materne, come spiegato da Arianna e dagli educatori, la soluzione non è ancora stata individuata, anche per i più grandi tutto appare ancora nebuloso e le difficoltà per arrivare fino a qui sono state enormi, come testimonia Chiara De Carolis, professoressa in una scuola superiore, che ci ha raccontato il suo punto di vista, partendo dal spiegarci come stanno reagendo insegnanti ed alunni alle nuove forme di insegnamento che la didattica a distanza oggi impone: “L’emergenza ci ha colti letteralmente di sorpresa: nessuno immaginava che avrebbero chiuso le scuole e soprattutto che non saremmo più rientrati fino alla fine dell’anno. All’inizio ognuno ha cercato di rispondere alla situazione di incertezza e confusione mettendo in campo i mezzi a propria disposizione, ma è stato molto faticoso orientarsi tra piattaforme, applicazioni, libri digitali e registro elettronico e, mi sento di dirlo, ha comportato un carico di lavoro enorme. Fortunatamente, almeno per quanto mi riguarda, sono arrivate molto velocemente le direttive da parte della scuola, che hanno permesso di creare un sistema organico e omogeneo tra tutti i docenti e, anche se ancora ci sono diversi aspetti da sistemare, direi che sta funzionando permettendoci di salvare l’anno scolastico.

Le reazioni dei ragazzi sono state diverse, la didattica a distanza li ha messi di fronte alla aumentata necessità di assumere in prima persona la responsabilità del proprio percorso di apprendimento, c’è stato quindi chi da subito si è impegnato trovandosi a proprio agio con i mezzi tecnologici, chi ha faticato ad adeguarsi a volte anche a causa di difficoltà puramente tecniche come mancanza di tablet o pc o difficoltà di connessione. La sfida maggiore è sicuramente quella di fare in modo che tutti gli alunni partecipino alle attività, anche quelli più fragili o meno motivati”.

Quel che è certo, è che la didattica a distanza come unica soluzione ha obbligato molti insegnanti a sperimentare nuove modalità di insegnamento, molte scuole avevano già aderito a progetti sperimentali, altre invece hanno dovuto imparare facendo. Ci sono aspetti validi dell'e- learning che potrebbero essere mantenuti anche quando l'urgenza Covd19 sarà finita? La professoressa De Carolis spiega: “Da molti anni ormai si parla delle potenzialità che le nuove tecnologie possono avere nel campo della didattica, ma queste potenzialità erano per la maggior parte ancora sotto utilizzate. L’emergenza ha dato sicuramente una brusca accelerata a questo processo e penso che, una volta tornati alla normalità, molti strumenti che ci hanno accompagnato in questo periodo troveranno una proficua integrazione nella didattica in presenza, penso soprattutto alla possibilità di poter “personalizzare” la didattica in modo pratico ed efficace oltre che veloce, anche grazie alla possibilità di sfruttare l’enormità di materiali didattici presenti in rete e in digitale”.

Di questo aspetto abbiamo parlato anche con Giuseppe Bosco, dirigente scolastico del Liceo Scientifico Pacinotti, che ha sottolineato come la digitalizzazione scolastica si importante, indispensabile ormai per quel che riguarda l’aspetto burocratico, la parte di segreteria, ma assolutamente insufficiente per quel che riguarda la didattica: “Sistemi di insegnamento digitali potranno essere utili anche in futuro se saranno inseriti comunque nella scuola per come la conosciamo, ossia con la presenza in classe. Certamente l’esperienza fatta quest’anno non andrà buttata e nel caso di emergenze, calamità o allerte meteo, permetterà di non interrompere la didattica, ma per una scuola di qualità serve la presenza fisica dei ragazzi”.

Per i ragazzi più grandi, poi, resta il grande interrogativo che riguarda l’esame di Stato: conclusione non solo del Liceo, ma di un percorso di vita durato 13 anni: “Aspetto di avere risposte chiare dal Ministero, ma ci stiamo già attrezzando per trovare e allestire gli spazi che permetteranno di svolgere l’esame in sicurezza”. Ma che ne sarà dei ragazzi diplomati quest’anno? “Spero davvero che le Università tengano conto delle difficoltà che hanno dovuto affrontare questi ragazzi, perché l’esame di ammissione ormai riguarda quasi tutte le facoltà”.

L'EMERGENZA COME OPPORTUNITÁ

Infine, molti definiscono questa situazione anche come opportunità per ripensare alla scuola del futuro. Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori?
“Sono d’accordo- spiega la prof. De Carolis- Una volta che l’utilizzo di piattaforme e tecnologie è diventato familiare a tutti, studenti, insegnanti e anche genitori, credo che la scuola abbia acquisito nuovi strumenti che sicuramente costituiranno una risorsa importante anche in futuro”.

"Questo periodo resterà nella storia e fornirà materiale utile agli studi di storici e sociologi, molti aspetti li capiremo più in là...”, ha concluso il preside Bosco.

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