Verrà intitolata a don Mario Scarpato la scuola dell’infanzia di Fossamastra. A deciderlo è stata l’amministrazione comunale nella riunione di giunta di lunedì scorso.
Don Mario nasce alla Spezia il 4 maggio 1914 in una famiglia operaia, da padre maestro d'ascia dell'Arsenale e repubblicano per antica convinzione.
Mario prende la strada del sacerdozio, entra in seminario a Sarzana e viene ordinato da Monsingnor Costantini il 15 aprile 1939. Mandato pochi mesi dopo nella zona operaia di Pagliari, ha l'incarico di costituire una nuova parrocchia.
In questo frangente il segretario del Fascio lo chiama per raccomandargli di non tenere rapporti con Amedeo Sommovigo, noto antifascista del luogo.
Tale informazione serve invece a don Scarpato per individuare da subito la giusta direzione in cui muoversi, tanto che il giorno dopo va a cercare Sommovigo, con cui si intende e tramite il quale riesce ad inserirsi nell'antifascismo locale.
Proprio a Pagliari il sacerdote esercita un vero e proprio apostolato, il cui punto centrale è l'invito agli uomini perché siano liberi di fare il bene: ciò lo rende esempio presso i lavoratori i quali lo aiuteranno tutti, al di là di ogni convinzione religiosa, quando costruirà, si può dire con le sue mani e con l'opera dei parrocchiani, la chiesa di Santa Barbara a Fossamastra.
Lo stesso don Scarpato, forse per prendere contatto ancora più diretto con il mondo degli umili, vorrebbe entrare come operaio alla Montecatini, ma il Fascio glielo nega.
Egli è comunque (e lo sarà sempre) a fianco di tutti gli operai delle fabbriche della zona, in particolare delle donne che lavorano allo Jutificio Montedison (come si vedrà nel dopoguerra quando esse si batteranno inutilmente contro la chiusura della filanda).
Venuta la guerra e iniziata la Resistenza, entra in contatto con i G.A.P (Gruppi Azione Patriottica) nel cui ambito si incarica di mantenere importanti collegamenti, recandosi tre volte alla settimana a Follo, dove porta viveri e messaggi a don Borelli, cappellano dei partigiani. Proseguono anche, rischiose, le riunioni in casa di Amedeo Sommovigo: don Scarpato, preavvertito di un possibile arresto, preferisce però rimanere a Pagliari, temendo che la sua fuga possa causare un incendio della chiesa o ritorsioni contro la popolazione.
Catturato dai nazifascisti il 22 novembre 1944, viene imprigionato, insieme ad un gruppo di preti della provincia della Spezia, dapprima in città nel famigerato carcere posto nella caserma dell'ex XXI° Reggimento, quindi trasferito a Genova via mare, con una grossa bettolina, su cui sono fatti salire anche centinaia di spezzini rastrellati nello stesso periodo.
Nel capoluogo ligure è rinchiuso in una cella del carcere di Marassi che potrebbe tenere al massimo quattro detenuti e che, in questa circostanza, ne tiene, tutti ammucchiati, tredici: don Scarpato e, con lui, don Giuseppe Pieroni, don Giovanni Bertoni, Mons. Ferruccio Casabianca, don Renato Reali, Padre Pio Rosso, don Mario Devoto, don Bruno Duchini, don Antonio Mori, don Leandro Spadoni, più tre laici.
Accusato di sostegno alle bande partigiane e di far parte del CLN, vessato e malmenato, non parla e trascorre tre mesi in carcere.
Viene liberato, insieme agli altri preti, per intervento del Vescovo di Genova, cardinale Boetto, il Giovedì Santo del 29 marzo 1945, quando l'approssimarsi della fine della guerra rende, in taluni casi, più malleabili le autorità militare tedesche.
Avvertito insieme ai confratelli che, se fosse tornato alla Spezia, i fascisti del luogo, contrarissimi all'avvenuto rilascio, avrebbero provveduto ad ucciderli, rimane a Genova, rientrando nella sua parrocchia, accolto da fervide dimostrazioni di affetto, il 5 maggio 1945.
Nel dopoguerra viene nominato vicario e poi parroco di Pagliari nel dicembre 1947, diventa insegnante di religione cattolica nella scuola media, cavaliere della Repubblica e cappellano dei Vigili del Fuoco. Muore il 12 marzo 1986.