(Abbiamo lanciato la notizia qui) I dettagli di quello che sembra essere a tutti gli effetti un puzzle ben risolto, sono stati resi noti questa mattina nel corso di una conferenza stampa e la soddisfazione per il risultato raggiunto ha coinvolto tutti i membri dell'arma che, da Santo Stefano a Sarzana, hanno partecipato all'indagine.
Tutto era iniziato il 15 dicembre scorso, quando ai carabinieri era arrivata la telefonata di una squadra del 118 accorsa per prestare il primo soccorso ad un uomo rapinato: sotto la minaccia di un coltello, era stato spinto e aggredito. Ricoverato con 35 giorni di prognosi, aveva riportato una grave frattura al braccio, l'aggressore gli aveva strappato il marsupio e rubato la macchina.
Il giorno dopo, una donn, aveva denunciato di aver subito, all'interno del suo bar, il furto di uno smartphone. Due casi apparentemente distatinti, ma che, oggi, è possibile attribuire alla stessa persona.
Nei giorni di metà dicembre i carabinieri erano attivi in tutta la zona tra Sarzana e Santo Stefano in una classica attività di controllo del territorio, ma la sera del 20 qualcosa era successo: fermato per poter essere identificato, l'algerino, a bordo della sua auto, aveva tentato di fuggire, investendo il carabiniere in servizio. Un tentativo vano, fallito perchè poco più avanti un'altra pattuglia di carabinieri, attivi nell'operazione di controllo del territorio, lo ha fermato ponendo fine alla sua corsa e procedendo all'arresto.
Partono da qui, quella stessa notte, le indagini sull'automobile, risultata essere provento di furto; riconducibile alla rapina del 15 dicembre, con la vittima ancora ricoverata in ospedale per il braccio rotto, grazie all'importante e costante condivizione di informazioni tra le diverse compagnie dei carabinieri.
A bordo dell'auto anche il coltello, con lama di 30 centimetri, usato per aggredire e minacciare la vittima, e un telefonino, con una SIM particolare e che ha attivato un altro filone investigativo. Proprio da quel numero, tra il 16 e il 19 dicembre, sono partite numerose telefonate a scopo estorsivo nei confronti della donna rapinata al bar: "ti ucciderò perchè sei andata dai carabinieri" o "ti ridarò lo smartphone che ti ho rubato solo in cambio di soldi", i toni delle telefonate, che ad un certo punto sono anche sfociate in ricatti a sfondo sessuale. Secondo quanto emerso dalle indagini, l'algerino avrebbe chiesto alla donna favori sessuali per la restituzione del telefono rubato.
Il quadro si è finalmente composto del tutto quando i carabinieri hanno fatto visionare le fotografie dell'algerino alle due vittime: l'uomo e la donna hanno entrambi riconosciuto l'aggressore, nonostante avesse avuto, in entrambe le occasioni, il volto coperto. A fare la differenza è stato un dettaglio importante, l'attaccatura dei capelli, talmente particolare da rendere l'algerino facilmente riconoscibile.
Ad incastrare l'aggressore anche i segni da arma da taglio visionati dai carabinieri sulla giacca dell'uomo e la testimonianza di una donna che è certa di aver visto l'algerino in atteggiamenti sospetti nella zona dell'aggressione, poco prima che si consumasse il reato.
Anche sulla SIM sono in corso ulteriori indagini, perchè bisogna capire se dietro al prestito da parte dell'italiano ci sia qualche reato.
Nel frattempo l'algerino è stato raggiunto, in carcere, da un nuovo ordine di custodia cautelare e, alla lista dei reati per cui è noto da tempo alle forze dell'ordine, si aggiungono l'estorsione, la rapina a mano armata, il porto abusivo di armi e le lesioni gravi.