Scrive Giorgio Pagano, copresidente del comitato provinciale Unitario della Resistenza: "Uno dei 585 spezzini deportati, di cui 234 uccisi. Conobbi Alfredo nel pellegrinaggio nei campi del 2005. Non era più stato a Gusen, aveva sempre avuto difficoltà a parlare della tragedia sua e dei suoi compagni. Ma l'orrore tornava ogni notte, nei sogni. A poco a poco Alfredo si aprì, spinto dalla visione delle baracche e dei forni. La vicinanza al suo dolore è un ricordo indelebile di chi partecipò a quel viaggio.
Alfredo abitante al Favaro e operaio dell'Amga, aderì a una SAP (Squadra di Azione Patriottica) di Migliarina, che svolgeva azioni propagandistiche in città di supporto alle Brigate Garibaldi. Il 17 settembre 1944 tre di loro -Alfredo, Bruno Tartarini e Adriano Rigouard- vennero arrestati dalle brigate nere e torturati, fino alla partenza per Mauthausen. "Ci fecero spogliare, ci rasarono la testa e il corpo, poi ci portarono nelle docce all'aperto -mi raccontò Alfredo- era dicembre, faceva molto freddo... cercavamo di scaldarci stando il più possibile vicini, ci diedero del disinfettante, poi qualche indumento, infine ci portarono nel campo di quarantena". Da lì Alfredo fu condotto a Gusen: lavorò in galleria, come meccanico in una fabbrica di pezzi di ricambio per gli aerei. "Lavoravamo 12 ore al giorno o alla notte, a turni... tanti di noi furono uccisi, chi non reggeva il lavoro veniva gettato nei forni quando respirava ancora".
Alfredo riuscì a sopravvivere fino alla liberazione di Mauthausen, il 5 maggio 1945. I nazisti volevano chiudere la galleria e uccidere tutti, ma non fecero in tempo. I tre spezzini della SAP si ritrovarono. Alfredo pesava 38 chili, scappò strisciando i piedi e tra mille peripezie arrivò a Spezia. Tornò all'Amga e si fece una famiglia.
Dopo il viaggio del 2005 si impegnò nell'Aned, l'associazione degli ex deportati. Ha incontrato tanti studenti, spingendoli a sconfiggere la minaccia più insidiosa: l'acquiescenza a comportamenti ostili verso l'altro. Caro Alfredo, continueremo il tuo impegno perché gli uomini non tornino al punto in cui l'orrore cominciò: la deresponsabilizzazione e l'indifferenza".