Sabato scorso, 14 dicembre, presso la Forza e Coraggio delle Grazie, Angiolo Beconcini, fondatore dell'omonimo cantiere insieme al fratello e al cugino, ha voluto incontrare le ex-maestranze per salutarle e per donare loro un libro da lui scritto, che raccoglie gli appunti di una vita e che raccontano la storia dei Cantieri Beconcini, attraverso pensieri, immagini e documenti. Un momento molto emozionante, in cui si è ricordato un percorso che ha attraversato 45 anni di storia della nostra città, un incontro importante dal punto di vista storico e culturale.
Protagonisti del successo planetario dei Cantieri Beconcini, oltre ai tre fondatori, sono state tutte le maestranze, un concentrato di mani sapienti, persone che hanno avuto (e hanno ancora) la passione e il cuore per il legno. "E' davvero unico nel panorama nazionale vedere insieme così tante persone con questa sapienza alle spalle e che ancora continuano a trasmettere questi valori. - ha sottolineato Corrado Ricci, che ha affiancato Angiolo Beconcini nella realizzazione dell'evento - Lo dico come cultore di queste tradizioni, che cerco di tenere vive attraverso il Cantiere della Memoria, un piccolo luogo dove è possibile visitare un allestimento di attrezzi dei maestri d'ascia, raccolti negli anni presso amici e parenti, che raccontano anche di questo vostro ingegno".
Corrado Ricci hai spiegato che è importante mantenere vivi questi valori in un mondo che a volte rischia di perderli. "L'opera di Angiolo, questo libro, è fondamentale per la vita di tutti voi, - ha detto rivolgendosi ai presenti - per i vostri nipoti, che potranno sapere quale è stata la storia, ma anche per la comunità in generale, per questo Golfo che si fregia del titolo di Capitale della Nautica, ma penso che se non ci fossero stati i Cantieri Beconicni a lanciare il primo seme, forse questo non esisterebbe. - ha proseguito Ricci, che ha aggiunto: "L'econonomia è un percorso, è evoluzione, momenti di crisi, rilancio, determinazione, voi avete testimoniato con la vostra intraprendenza di sapere cogliere un mercato e inseguire il boom dagli anni '60, che ha aperto lo scenario in Italia dello sviluppo della nautica, e che ha trovato nel nostro Golfo un luogo ideale per crescere".
Angiolo Beconcini, per l'evento, ha scelto Le Grazie, "un contesto ideale per presentare il libro e per ricreare qui la famiglia, quella dei dipendenti, degli amici, perché siamo anche degli amici, ci diamo del tu, siamo cresciuti insieme".
Le Grazie, con il suo porto antico, deputato all'ospitalità delle barche d'epoca, può essere considerata una vetrina dove viene restituito il lavoro svolto dalle mani sapienti dei maestri d'ascia, una perizia che ha reso ancora più bello quello che era già bello di per sé. Le imbarcazioni raccontano infatti la loro storia passata, ma anche il restauro, sono una narrazione permanente di questa tradizione e valori. In questo scenario si innesta l'attività del Cantiere della Memoria che, spiega Corrado Ricci, "è nato anche come forma di ribellione contro la perdita di questi valori, in una società che rincorre solo il business e non capisce che è anche frutto di tanta applicazione, passione ed esperienza".
La mattinata è proseguita con le tante testimonianze, un misto di orgoglio e nostalgia per quei tempi in cantiere che sono rimasti nel cuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di viverli.
Francesco Buttà è maestro d'ascia, quando è entrato ai Cantieri Beconcini aveva solo 16 anni, oggi trasmette questa tradizione ai ragazzi del corso "Operatori del Legno" del Cisita. "Il primo giorno di cantiere...panico! Ero allievo all'ENFAP, secondo anno, dovevo fare lo stage, che all'epoca veniva svolto prevalentemente da Schifini Mobili. L'insegnante di falegnameria mi chiese dove abitassi e io risposi che ero di Riomaggiore. Mi domandò anche se mi piacesse il mare e io risposi: 'Eh beh ci vivo sopra!'. Allora disse che mi avrebbe mandato in un posto a fare il tirocinio che mi sarebbe piaciuto, anche se avrei tribolato un pò per arrivarci. E insomma iniziai il mio stage da Beconcini ad aprile e ho trascorso due mesi bellissimi, quindi Angiolo mi disse che ci saremmo rivisti a settembre di non preoccuparmi ...e da lì ho lavorato per lui per 19 anni! E' stata un'esperienza fondamentale della mia vita, che mi ha fatto crescere, non solo dal punto di vista professionale, avevo amici, padri e fratelli.
Presente all'evento anche l'architetto di fama mondiale Fulvio De Simoni, che ha voluto partecipare per la grande amicizia che lo lega ad Angiolo Beconcini. "Abbiamo collaborato per qualche restauro, ma in seguito mi sono occupato soprattutto di progettare barche nuove, ne ho disegnate migliaia in giro per il mondo".
Aldo Manna ha svolto uno stage ai Cantieri Beconcini nel 1994, da neolaureato in Ing. Nautica. "Ne ho un bellissimo ricordo, per me oggi è come chiudere il cerchio: sono socio fondatore di Antonini Navi, l'ultimo brand arrivato nel Golfo della Spezia, ho iniziato la mia carriera da Beconcini, che invece è stato il precursore della nautica alla Spezia. I cantieri del Miglio Blu non sono rappresentativi della storicità delle famiglie spezzine, i Beconcini, i Lotti e i Valdettaro avevano investito inizialmente nell'ambito industriale, per poi passare al diporto, diventando i veri precursori della nautica da diporto alla Spezia. E' per me emozionante rivedere Angiolo dopo 35 anni che parla ancora a tutti i vecchi dipendenti e collaboratori. Dopo il tirocinio, ho partecipato a tante regate internazionali, entravo in contatto con armatori che dirottavo presso il cantiere per i lavori di restauro. Ho avviato così un'azienda di management, seguendo restauri importanti di barche a vela come rappresentante degli armatori. In quell'epoca c'erano diverse regate di barche d'epoca, quali il "Veteran Boat Rally" a Porto Cervo, la "New Large" a Saint-Tropez, iniziavano le regate internazionali ad Imperia e i Cantieri Beconcini erano sempre sulla cresta dell'onda, perché erano un catalizzatore di barche d'epoca, anche di 40-50 m, e avevano sviluppato cosi la loro attività anche a livello internazionale".
Franco Bertelà è entrato in cantiere a 32 anni: "Non sono nato maestro d'ascia, ma mobiliere. Per un caso vado a fare una tuga di una barca perché ero bravo a fare gli incastri, e da lì sono finito in mezzo alle barche, quasi una 'malattia', non sono più stato capace di ritornare a fare quello che facevo prima. Una volta assunto, sono passato subito sotto il capocantiere, Pierino Cecchi, un grande maestro, ma molto rigoroso. Mi ha portato nella barca su cui lavorava lui, si vede che voleva vedere come me la cavavo, mi ha chiesto di fare i supporti delle casse in coperta, quando ho finito l'ho chiamato, ha visto il lavoro e mi ha battuto una pacca sulla spalla, continuando a tenermi a lavorare con lui: anni dopo sono diventato io capocantiere. Sono andato in pensione nel 1998, e poi ho continuato per 7 anni a fare il consulente tecnico, oggi insegno ai giovani questa tradizione. In cantiere abbiamo fatto di tutto, nuovo, vecchio, tante soddisfazioni, perché era veramente una grande famiglia la nostra. Si andava volentieri a lavorare, non mi è mai pesato, se il cantiere andava bene, andava bene anche a noi e con tanto orgoglio dico che lavorare per loro è stato un onore. Quando sono andato in pensione, i falegnami erano tutti stati formati da noi più anziani".
Loris Petacco è arrivato in cantiere nel 1987, non era maestro d'ascia, ma tornitore e fresatore. "Lavoravo sulla ferramenta di coperta e degli alberi. In un cantiere del genere bisogna inventarsi tanti mestieri, sono arrivato che avevo 26 anni e avevo già esperienza a monte. Era molto divertente, un lavorare con amici, la mattina Piergiorgio Beconcini si metteva accanto a me e, mentre lavoravo, si scambiava due chiacchiere. Sono stato lì per 15 anni. Al mattino i tre padroni venivano a parlare con noi, discutevamo del lavoro e decidevamo insieme come farlo. Ci davano fiducia, era un modo di lavorare diverso da oggi. A marzo il lavoro aumentava perché i clienti volevano le barche per la stagione estiva e facevamo gli straordinari, non riuscivamo a dire di no. In estate facevamo l'orario unico, dalle 7 alle 13, ma a volte ci fermavamo fino alle 17 se c'era lavoro, di nostra spontanea volontà. Alle 9.30 suonava la sirena e avevamo 15 minuti per andare in mensa a fare colazione, non so se oggi ci sia un cantiere che ti permette questo. Avevamo una mensa interna che preparava i pasti per noi e per gli equipaggi delle barche, era strutturato tutto molto bene. Se avevamo un problema ne discutevamo con i Beconcini che ci ascoltavano sempre. E' un'esperienza che mi è rimasta davvero nel cuore, eravamo considerati e ci sentivamo così".
Andrea e Michele Balestreri sono padre e figlio e maestri d'ascia, titolari di un'azienda che dal 1996 ha collaborato con i Cantieri Beconcini. Andrea ha iniziato ad imparare il mestiere collaborando con il padre quando aveva solo 15 anni, oggi ne ha 45. "E' stato un covo di maestri - ha sottolineato Andrea - mio padre ha acquisito la qualifica di maestro d'ascia grazie al cantiere". Il padre Michele racconta con entusiasmo che la collaborazione con i Beconcini è stata una bellissima esperienza, "ho imparato tantissimo, lavoravo il legno, dagli alberi, alla chiglia, alle ordinate. In questo mestiere non finisci mai di imparare, io ho 75 anni, lavoro ancora come artigiano e vedo che c'è sempre qualcosa di nuovo da apprendere, basta avere la volontà e la curiosità di farlo". Andrea racconta che appena finito le scuole medie ha iniziato ad accompagnare il papà in cantiere, imparando tantissimo. "Sarò sempre riconoscente ad Angiolo, in cantiere c'era sapienza in ogni reparto, io portavo i ferri a papà, e ora porto avanti questa tradizione di famiglia. Abbiamo sempre la nostra azienda, siamo prestatori d'opera presso diversi cantieri e lavoriamo sulle barche d'epoca. Siamo rimasti tra gli ultimi a costruire anche le barche per il Palio del Golfo".
Giovanni Baldiera è maestro d'ascia ed è entrato ai Cantieri Beconcini quando aveva 27 anni, rimanendovi fino alla pensione a 55 anni. "Prima ero mobiliere, poi i Beconcini mi hanno dato la possibilità di esprimermi al meglio delle loro e delle mie possibilità, e così siamo andati avanti. Ho fatto un pò il capo barca, il responsabile e alla fine sono stato l'ultimo capocantiere. Ora insegno ai ragazzi del CISITA insieme a Buttà e a Bertelà. Ci siamo conosciuti molto giovani, siamo invecchiati insieme. Lavorare da Beconcini era bello, non ci sentivamo oppressi, ma artigiani, ognuno faceva il proprio mestiere, eravamo liberi di fare. Sapevamo che la barca andava consegnata un determinato giorno e i lavori andavano finiti entro una certa data, quindi ci comportavamo di conseguenza. Eravamo completamente liberi anche dal punto di vista professionale, la scelta dei materiali e tutto dipendeva da noi, parlavamo direttamente con l'architetto. Io avevo un ruolo particolare perché ero sempre insieme al capocantiere. Il maestro d'ascia ha un rapporto particolare con il legno, con le essenze, le venature, i profumi, la scelta deve essere molto accurata".
Luigi Bellé era elettricista in cantiere, si occupavo degli impianti. "Ho conosciuto i Beconcini quando erano nel primo cantiere e lavoravo per un elettrauto, poi mi hanno assunto, avevo 16 anni e ci sono stato fino alla pensione. E' stata una grande famiglia, ero sindacalista, ma eravamo sempre d'accordo su quasi tutto e ci si rispettava. Anche adesso ci riuniamo per rivederci, è stato bellossimo ricevere questo libro del Sig. Angiolo e lo ringraziamo per tutto quello che ci ha dato. I maestri d'ascia hanno fatto la storia del cantiere, a partire da Pietrino Cecchi. Il cantiere ha lavorato su tante barche, ricordo ad esempio il Cadamà, poi anche Cecchi è andato in pensione, dopo lui è stato capocantiere Ceccarelli, poi Bertelà e infine Baldiera. Abbiamo lavorato su tante barche d'epoca come restauro e anche costruito tre barche nuove per la Finanza in resina, camminavano veloci perché erano basse e potevano andare anche nelle spiagge. E' sempre stato piacevole andare a lavorare, mi piaceva fare questa vita, è stata una bella avventura che ricorderò per sempre".