La delegazione della Spezia del Club del Fornello ha tenuto venerdì sera, all’hotel ristorante “Mirage” di Porto Venere, la propria serata conviviale. Ad aprire i lavori, di fronte ad una platea di varie decine di persone, tra “fornelle”, invitati ed ospiti, è stata la nuova presidente della delegazione, Bruna Gianfranchi. Gianfranchi ha ricordato le origini del Club del Fornello, sorto nel 1977 al castello di Rivalta, vicino a Piacenza, e poi diffusosi in molte regioni d’Italia. La delegazione della Spezia è una delle prime ad essere sorte, e il suo ruolo importante nell’ambito del club è stato sottolineato anche dalla presenza a Porto Venere della tesoriera nazionale Erminia Vivian Trabacchi, che ha portato i saluti della presidente Giselle Pampari Corvi, così come erano presenti rappresentanze di altre città, tra cui Firenze.
Caratteristica del Club del Fornello, che lo differenzia in modo originale ed unico da altre associazioni presenti nel campo della cucina (e che è richiamata dallo stesso nome), è quella di organizzare conviviali nelle quali i piatti portati in tavola sono preparati nelle cucine dei ristoranti dalle stesse “fornelle”, che si ispirano quasi sempre alla tradizione locale.
Lo ha spiegato bene la presidente Gianfranchi presentando il ricco menu della serata: aperitivo con frittelle di baccalà, verdurine fritte e panizza di ceci; antipasto con trittico di acciughe del mar Ligure, bruschetta ai muscoli del Golfo e “brandacujun” con sfoglie al nero; mes-ciua spezzina, preparata in modo superlativo grazie anche all’olio con cui è stata accompagnata; testaroli sarzanesi con olio e parmigiano e testaroli della Lunigiana al pesto; e infine una lunga e prelibata “platea” di dolci: spongata di Sarzana, Mousse alla ricotta di Brugnato, dolcetti ai pinoli, cantuccini e infine “torta del Fornello”, con dedica alla presidente, che ha provveduto al taglio delle prime fette.
Di particolare interesse l’abbinamento dei vini che, dopo il bicchiere iniziale di champagne, ha unito insieme le due “doc” della provincia spezzina: il “Colli di Luni” bianco e fermo per antipasti e primi e il “Cinque Terre”, presentato dal noto vinificatore Lucio De Batté nella versione pregiata dello “Sciacchetrà” delle Cantine del Parco. Lo stesso De Battè ha presentato la storia e le caratteristiche del prezioso “vino da meditazione”, inserendole nello straordinario cammino di rilancio del territorio delle Cinque Terre portato avanti con successo negli ultimi decenni.
La conviviale, che si era aperta anche con parole di saluto del presidente del consiglio comunale della Spezia Piscopo, si è poi chiusa con una relazione del professor Egidio Banti, presidente del centro “Niccolò V”, sul tema, anch’esso originale, “L’isola misteriosa, il fornello e la farinata”. L’isola in questione, descritta dal relatore alla luce delle più aggiornate ricerche storiche, è quella del Tino, posta dirimpetto a Porto Venere a chiusura del Golfo, il cui nome antico, “Tiro”, rimanda agli antichi navigatori fenici, che portavano con sé sacchi di ceci resitenti al mare e alle onde, cuocendoli poi in “fornelli” improvvisati ma ricchi di fascino, scavati nei pressi dei loro approdi (e quindi anche nella Porto Venere di almeno mille anni prima di Cristo). Da lì, quasi certamente, i primi piatti di farinata, intesi anche come offerte votive alle divinità di quelle antiche religioni, prima tra tutte la dea Astarte, la “Luna” fenicia, guida notturna dei naviganti.
I saluti finali hanno posto fine ad una serata di notevole valore gastronomico e culturale, due aspetti della civiltà che nessuna “intelligenza artificiale”, come è stato sottolineato, potrà mai cancellare o ridimensionare.