Durante un’operazione di controllo è stato rinvenuto un telefono smartphone in possesso ad un detenuto marocchino sul quale già erano in atto accertamenti in quanto parrebbe essere stato intercettato su un profilo social, da qui l’azione di controllo e successivo sequestro. Questo rappresenta anche una certa spavalderia da parte dei detenuti che si credono immuni dall’azione sanzionatoria posta dalla Polizia Penitenziaria.
Ma l’azione di controllo della Polizia Penitenziaria spezzina ha allargato la maglia tanto da consentire il sequestro di un altro telefonino intercettato in una perquisizione nella cella di un detenuto rumeno, sorpreso dal personale di turno notturno mentre era intento in una pacifica telefonata.
Intoppi, anche seri, non mancano all’esiguo organico del poliziotti penitenziari della Spezia i quali restano anche contusi durante le loro operazioni di servizio per consentire la legalità all’interno del carcere. Così è avvenuto sempre il 22 giugno, durante un ordinario controllo in una cella occupata da un sudamericano. Visita questa evidentemente non gradita in quanto il detenuto è andato in escandescenza minacciando i poliziotti penitenziari, reagendo e colpendoli con la gamba del tavolo tanto che è stato necessario il ricorso al pronto soccorso cittadino dove sono stati medicati con una prognosi di 10 giorni.
Inoltre, solo due giorni fa (19 Giugno) un detenuto albanese solo perché non si è vista accolta la richiesta di poter essere trasferito in altro istituto, ha letteralmente distrutto sia la cella che le telecamere del reparto, producendo ingenti danni economici.
Quanto appena narrato è solo uno spaccato della quotidianità della Polizia Penitenziaria della Spezia, alla quale va data la massima riconoscenza per il lavoro svolto, basti pensare che nei soli 4 mesi di quest’anno si è dovuta confrontare con un detenuto deceduto, 2 tentati suicidi, 21 autolesionismi, 4 aggressioni tra detenuti, 3 poliziotti aggrediti, 6 celle demolite. Questo è solo un parziale report dei casi critici del carcere della Spezia.
Se si vuole garantire sicurezza in un carcere, in modo particolare alla Spezia, bisogna dare fiducia alla Polizia Penitenziaria ed investire in tecnologia per la sicurezza del carcere. Aggiornare l’organico del personale del Corpo della Spezia, oggi nettamente sottodimensionato rispetto agli eventi critici da contrastare; dotare di intercettori ed inibitori telefonici considerato che il possesso dei telefonini è reato penale, potenziare il servizio sanitario e psichiatrico considerata la innaturale violenza dei detenuti ospitati.
Bisogna dare dignità e riconoscere l’attività della Polizia Penitenziaria della Spezia oggi assolutamente dimenticata sia dalla politica e, soprattutto, dall’Amministrazione penitenziaria che consente tutt’ora un esagerato numero di personale distaccato presso altri sedi il che aumenta maggiormente il carico di lavoro sul restante personale.
Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. Ogni giorno nel carcere succede qualcosa di grave: le carceri italiane sono un colabrodo per le precise responsabilità di chi ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Solamente l'intervento del personale di Polizia Penitenziaria spezzino riesce a garantire ordine e sicurezza, pur tra mille difficoltà. Ovviamente, gli eventi critici denunciati si sono potuti verificare anche grazie allo scellerato regime detentivo "aperto" ed alla vigilanza dinamica e solamente la prontezza e professionalità del personale intervenuto ha evitato epiloghi ben più drammatici.
Sottolineiamo anche il fallimento delle espulsioni di detenuti stranieri: sono state solamente 456 nel 2021. Da tempo il SAPPE denuncia la correlazione tra aumento degli eventi critici nelle carceri e presenza di detenuti stranieri, come nel caso di alcuni dei protagonisti dei gravi eventi critici avvenuti alla Spezia. E’ sintomatico che negli ultimi vent’anni ci sia stata un'impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni '90 sono passati oggi ad essere quasi 17.000 rispetto alle circa 55mila presenze. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d'origine, come da tempo denuncia il SAPPE, può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia. Il dato oggettivo è però un altro: le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute, oserei dire impercettibili. Nel 2021 i detenuti stranieri espulsi a titolo di sanzione alternativa alla detenzione sono stati solamente 456 (165 albanesi, 48 marocchini, 45 tunisini e 198 di altri Paesi). Questo, oltre a decretare il fallimento degli Accordi bilaterali tra l’Italia ed i Paesi con la più alta presenza di connazionali tra i detenuti ristretti in Italia (Marocco, Romania, Nigeria, Albania, Tunisia), sembra dimostrare che questi Paesi non vogliono il rientro in patria di migliaia e migliaia di loro connazionali con gravi precedenti penali e con pene che potrebbero essere scontate in carceri del Paese di provenienza.
Michele Lorenzo, segretario del SAPPe Liguria
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE