Nella lettera di trasmissione dei dati anche una “bella paternale” verso gli agenti a metà mese di maggio, l’Ufficio Verbali della Polizia Locale di Santo Stefano di Magra (SP) con a capo il Comandante Dott. Maurizio Perroni, ha inviato due verbali per aver violato il Codice della Strada ad un uomo residente a Genova. In particolare al residente nel capoluogo ligure, è stato notificato che la moto di sua proprietà ha transitato sul territorio di Santo Stefano alla velocità di 87 km/h in un’occasione ed a 65 Km/h in un’altra, sempre nella stessa giornata, a distanza di pochi minuti.
Le violazioni sono state accertate a mezzo apparecchiatura autovelox nella zona di Ponzano, in una località dove diversi anni fa l’Amministrazione Comunale decise di installare tale apparecchiatura a seguito di alcuni incidenti mortali avvenuti per l’eccessiva velocità che raggiungevano i veicoli nel rettilineo. Ai predetti verbali, poiché è obbligatorio conoscere chi sia stato a condurre il veicolo ai fini della sottrazione dei punti della patente, così come previsto dal Codice della Strada, è seguita la comunicazione dati conducente da parte del proprietario della moto.
Una “letterina” davvero pungente, allegata alla comunicazione dati conducente, che non ha di certo mancato l’obiettivo di attirare l’attenzione delle agenti dell’Ufficio Verbali. Ma la cosa che ancor di più ha attirato l’attenzione, è che, così come le agenti hanno potuto notare dal fotogramma dell’autovelox, le sembianze della persona alla guida della moto, hanno innescato il dubbio che alla guida non fosse la donna (moglie del cittadino genovese), che aveva dichiarato di essere alla guida.
Le agenti hanno cosi informato dell’accaduto il Vice Comandante Dott. Andrea Prassini che ha da subito avviato le indagini in collaborazione con la Polizia Locale di Genova, richiedendo ai colleghi una serie di accertamenti utili ai fini delle indagini ed è quindi emerso che la donna nel giorno ed all’orario dell’infrazione era regolarmente sul suo posto di lavoro in una panetteria genovese. L.R. cinquantenne di Genova è stata per questo denunciata all’Autorità Giudiziaria per il delitto di “falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico” prevista e punita dall’art. 483 codice penale, reato ritenuto molto grave e precedibile d’Ufficio, che prevede la pena della reclusione fino a due anni. In merito, per gli stessi identici fatti, si è recentemente espressa la Suprema Corte di Cassazione ribadendo ancora una volta la gravità di tale illecito penale.