Dalla medicina di attesa, con il paziente che aspetta diligentemente il suo turno in coda nello studio, a quella di iniziativa, in cui i medici si attivano in prima persona per rispondere ai bisogni dei soggetti a rischio.
È questa la logica alla base della “rivoluzione” che sta ridisegnando l’organizzazione dei medici di famiglia sul nostro territorio. Un nuovo modo di pensare la medicina generale, adottato dalla Regione Liguria tra i primi casi in Italia, che riguarderà tutti i 163 medici di famiglia dei tre distretti dell’Asl5.
In questo cambiamento, per certi versi storico e ancora in atto, si innestano tre progetti curati dall’azienda sanitaria e dai medici di medicina generale, presentati oggi dal direttore socio-sanitario Maria Alessandra Massei, dal direttore sanitario Maria Antonietta Banchero, dal direttore del dipartimento cure primarie Marco Santilli, dal direttore di urologia Enrico Conti, dal medico Francesco Pardini e da Alessio Romeo, segretario provinciale della Fimmg (Federazione italiana medici di famiglia).
La chiave per comprendere il nuovo assetto organizzativo è da individuare nelle aggregazioni funzionali territoriali, un’ulteriore evoluzione della cosiddetta medicina di gruppo che, una volta a regime, raggrupperà intere “fette” della popolazione e permetterà di condividere, tra i medici di famiglia aderenti, tutte le informazioni riguardanti i singoli pazienti, mettendo in campo una rete per rispondere ai bisogni della popolazione.
Resta ancora da superare lo scoglio della privacy, per la condivisione delle informazioni personali sulla rete informatica: per questo ogni paziente potrà firmare un’apposita liberatoria.
“Dal curare al prendersi cura della persona e del suo nucleo familiare”, così la direttrice socio-sanitaria Massei sintetizza la svolta nella relazione tra pazienti e medici di famiglia, in cui si inseriscono i tre progetti presentati oggi, finanziati con fondi del governo clinico della medicina generale, per l’attività fisica adattata (budget di 50 mila euro), la prevenzione urologica per adolescenti e giovani adulti (50 mila euro) e il monitoraggio delle persone “fragili” della provincia con età maggiore di 75 anni, di disabili e "invisibili" al sistema sanitario (300 mila euro).