Di fronte alla grotta di Betlemme tutti siamo misteriosamente illuminati e interpellati da quella voce che risuona: oggi è nato per voi un salvatore, Cristo Signore.
Veniamo così invitati a rivivere la gioia di quell'evento ma, come già dicevo all'inizio dell'avvento, non come semplice memoria del passato bensì come realtà che segna il nostro presente. È il grande mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio.
Quanto stupore, quanta adorazione, quanta gratitudine deve suscitare nel nostro cuore questo dono che il Padre fa a tutta l'umanità. È dono di verità, è dono di vita e di salvezza, è il dono che ci permette di cogliere il senso pieno della nostra esistenza. La vergine Maria ha detto il suo sì e ha concepito il Signore nel suo grembo; oggi adagia questo piccolo bambino in una mangiatoia. Gesto semplice ma anche segno efficace indicato dagli angeli agli uomini perché su di esso facciano convergere lo sguardo. Ed è proprio a questo bambino che vogliamo guardare insieme: da lui sentiamo di essere interpellati, a lui dobbiamo generosamente dare la nostra risposta.
Alla grotta si può giungere per motivi diversi; Giuseppe e Maria vi trovano alloggio, essendosi recati a Betlemme per adempiere il proprio dovere nei confronti del censimento; i pastori, che sono intenti a vegliare il gregge, vengono invitati dagli angeli; i Magi, più tardi, vi si recheranno seguendo la stella.
Per tutti però risuona il canto gioioso degli angeli: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".
Notte di luce e di calore in cui nessuno può sentirsi escluso dall'opera della salvezza, perché Dio è sceso ad incontrare l'uomo. L'autore del creato, proprio entrando in quella sua grande opera che è la nostra umanità, non si accontenta di offrirci qualcosa ma ci dona se stesso.
Alla grotta di Betlemme, con verità siamo chiamati a riconoscere e ad adorare il Dio fatto uomo.
Egli è luce di sapienza che rivela all'essere umano l'orizzonte alto della propria esistenza. Orizzonte di vita, di amore, di comunione, di eternità. Meta ora pienamente raggiungibile, grazie all'opera compiuta da Colui che nasce "piccolo bambino".
Il nostro cammino personale può essere ancora lungo ma dobbiamo impegnarci a continuare con perseveranza, senza stancarci, e rispondere generosamente all'invito gratuito dell'incontro con Lui.
Sì, perché è proprio nella gratuità che Dio agisce, si fa presente, opera e si dona.
Per il credente, la coscienza di provenire da questa gratuità non può che interpellarlo profondamente sia per ciò che lui è, che per il rapporto che deve tenere nei confronti dei propri fratelli: il Signore stesso ce lo ricorda quando afferma: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
Il rapporto con Dio, e conseguentemente con il prossimo, non può essere vissuto in un semplice "dare e avere" ma chiede di essere inserito in una dimensione nuova, quella del "ricevere e condividere nella verità" il dono ricevuto.
Veramente la luce di Betlemme non conosce confini: proposta ad ogni uomo interpella interiormente ogni persona in sincera ricerca della verità.
In quel "bambino" deposto nella mangiatoia e che noi, nella fede, riconosciamo come il Figlio di Dio la vita stessa ci interpella con forza, fragile ma infinitamente preziosa, posta nelle mani di altre creature perché possa essere custodita, alimentata e fatta crescere.
Infatti anche il mistero della vita stessa, dal suo accendersi nel grembo di una donna al suo spegnersi naturale, è gratuità.
Ognuno di noi la vita la possiede, la deve custodire e la può, purtroppo, anche drammaticamente distruggere, ma non se la può dare da solo; l'ha ricevuta, non è frutto della propria attività: è invece in radice vera gratuità.
Ciò vuol dire, come già ho scritto nel messaggio del Natale che, se la gratuità sta alla radice del nostro esistere, non vi può essere esistenza umana piena se non nella dimensione della gratuità.
Questo si manifesta particolarmente nelle relazioni con gli altri. Ed proprio in questo Natale che siamo chiamati a riscoprire una dimensione così fondamentale della vita.
Giustamente ci si scambia dei regali e con essi vogliamo manifestare amicizia e simpatia. Non dimentichiamo però che siamo chiamati a riscoprire la bellezza del dono, ovvero non solo un oggetto offerto ma un movimento che proviene dal cuore e che non necessariamente si manifesta in qualcosa di materialmente tangibile.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di doni significativi per la persona, ovvero: di ascolto, di presenza, di capacità di condivisione, di amicizia sincera, di perdono autentico. In questo nessuno può dirsi così povero da non poter donare qualcosa di se stesso e nel contempo nessuno può pensarsi così ricco da permettersi di dire all'altro non ho bisogno di te. E questo vale per il credente e per il ricercatore sincero della verità. Su tutti dunque, proprio su tutti, la piccola grotta di Betlemme irradia la sua luce, ma soprattutto a noi credenti, che quest'anno viviamo il grande anno della fede, viene chiesto di far scendere nel cuore un dono così grande per poterlo condividere nell'Annunzio stesso del Vangelo di salvezza ad ogni fratello.
Volendo concludere non posso non ricordare coloro che per vari motivi vedono offuscata la loro gioia del Natale. Crisi lavorative, familiari, nuove povertà emergenti, eventi drammatici inaspettati, come il rapimento del giovane imprenditore Andrea che vogliamo ricordare in modo particolare nella preghiera, e con lui tutti coloro che, a qualunque titolo, sono nella sofferenza.
Affidiamo al Signore, nell'intercessione della Beata Vergine Maria, tutti questi nostri fratelli perché possa presto risplendere anche per loro una luce nuova di serenità.
A tutti voi che partecipate a questa celebrazione dell'Eucaristia desidero rivolgere il mio più sentito Buon Natale, che vi prego estendere alle persone a voi care e a tutti coloro che incontrerete in questi giorni di festa.
Il Signore ci custodisca santamente nella luce di Betlemme.