«Siamo a Spezia e ci resteremo»: queste furono le parole pronunciate nel 1877 da don Giovanni Bosco di fronte alla richiesta, da parte di un sacerdote diocesano, il canonico D'Isengard, di un impegno particolare per l'educazione dei tanti ragazzi e giovani di allora, in una città interessata in quei decenni da profonde trasformazioni sociali e culturali.
Sono passati da allora quasi centoquarant'anni e la presenza salesiana rimane, in continuità con la promessa di allora, un elemento davvero importante nella vita religiosa di Spezia ed anche in quella sociale e formativa. Lo si vede ogni anno a fine gennaio, quando si celebra la festa di San Giovanni Bosco e lo stesso vescovo diocesano, come monsignor Palletti ha fatto anche ieri, si reca a celebrare la Messa solenne nella chiesa di Nostra Signora della Neve. Nel 2015 due ricorrenze centenarie hanno reso queste celebrazioni più solenni ed intense: i duecento anni dalla nascita di Don Bosco e i cento anni dall'arrivo a Spezia, per affiancare i "pretini" e per occuparsi sul piano formativo soprattutto delle ragazze di allora, delle suore Figlie di Maria Ausiliatrice. E' in questo contesto che la solidità e l'attualità dell'opera educativa di Don Bosco è stata ribadita nei giorni scorsi, nel cinema teatro che porta il nome del santo, da un relatore d'eccezione: don Pascual Chavez, sino allo scorso anno rettor maggiore dei Salesiani, quindi successore di Don Bosco. Nelle parole di Chavez, la sfida educativa dei nostri tempi – che però fa seguito, come ha ricordato Egidio Banti nell'introduzione storica, ad analoghe e ripetute "sfide" del passato – può e deve diventare opportunità. E la scuola deve ridiventare comunità educante, educazione. Gli eventi salesiani alla Spezia sono stati numerosi, con incontri dedicati alla famiglia ("che non è una malattia grave !") e alla scuola (la festa di metà anni dei corsi del Ciofs, sempre molto apprezzati dal territorio).