Nel corso della celebrazione il vescovo ha pronunciato la formula dell'affidamento della diocesi a Maria, ed ha inoltre conferito il mandato ai catechisti ed alle catechiste di tutte le parrocchie. Hanno concelebrato il vicario generale monsignor Enrico Nuti, i canonici e molti sacerdoti. All'omelia, monsignor Palletti si è soffermato in particolare sul tema della Chiesa. «Non lasciamoci turbare e impressionare dal rumore del mondo – ha detto – e neppure dai nostri peccati personali. In ogni caso la Chiesa è santa perché santo è Gesù Cristo, santi sono i sacramenti, santa è la Parola, santa è Maria Vergine, santi sono tanti fratelli che sono in cielo e, nel cammino, cerchiamo di essere santi anche noi, seppur fragili e ancora tanto peccatori». Il vescovo ha così proseguito: «Se vogliamo camminare con lealtà e anche nella concretezza dobbiamo anzitutto spazzare via tutto quello che è una ideologia, la quale si annida anche nelle nostre teste. Noi pensiamo di essere immuni dalle ideologie. Spazzare via tutte le ideologie e i luoghi comuni, che dicono tutto senza dire nulla ma che formano tutti coloro che li ascoltano. Spazzare dalla nostra mente e dal nostro cuore quel: "A me non compete, è responsabilità d'altri". Caino lo ha detto per suo fratello: "Sono forse io il guardiano di mio fratello?". No, non è questo essere Chiesa. Vivere nel cuore della Chiesa, vivere nell'infinità di questa madre così feconda, vuol dire avere continuamente di fronte a noi il profilo del suo volto. Noi dobbiamo guardarla in faccia questa madre e vederne tutta la bellezza, nonostante le nostre fragilità». Sono tre i grandi modi con i quali "leggere" la Chiesa, consegnateci dal Signore: nella rivelazione, nel ripensamento profondo della teologia dei Padri e nel grande magistero vivo ed autentico della Chiesa. «Come ci ricorda sempre il nostro Papa, la Chiesa è un organismo vivente e siamo vivi solo quando abbiamo un'anima... La Chiesa, dunque, è tempio perché ha un cuore, una sua interiorità, ha una sua anima mossa veramente dallo Spirito Santo e ha una sua presenza: il Signore Gesù, presente con la Sua parola, presente con i gesti di salvezza, presente in modo alto e unico nel santo sacrificio dell'altare, nell'Eucaristia». «Allora l'immagine del corpo diventa il modo più bello per farci penetrare nel mistero della Chiesa, mistero che vede la sua radice nel battesimo, nella comune vocazione alla santità, ma che subito si esprime nella molteplicità dei doni, dei carismi, dei servizi, dei ministeri, nella vivacità della Chiesa. E' vero, tutti abbiamo un'unica dignità da figli di Dio, ma questa dignità non vuol dire omologazione, appiattimento, non vuol dire che tutto è uguale in tutti. La mano ha la dignità del piede, l'occhio ha la dignità della bocca, ma la bocca è fatta per parlare, l'occhio per guardare, il piede per camminare e la mano per prendere. Se nella pari dignità non ci fosse al tempo stesso la molteplice possibilità di collaborazione non saremmo più un corpo. E questo deve dire tanto, deve dire come fare il nostro cammino, deve dire come fare un passo dopo l'altro insieme, consapevoli che la Chiesa non può essere l'insieme di tanti singoli e dunque di tanti solitudini, perché, in caso contrario, ognuno terrebbe per sé il dono ricevuto, ma per essere ricco di quel solo dono diverrebbe povero di tutti quei doni che non si predispone a ricevere dai fratelli. E' solo nel respiro comune, è solo nella collaborazione comune, è solo nell'essere complementari e corresponsabili che possiamo chiamarci autenticamente Chiesa convocata dal Signore, corpo di cui Cristo è l'unico capo».