I lavoratori, soprattutto quelli qualificati, sono sempre più difficili da trovare. Nel 2023 le imprese italiane non sono riuscite a reperire il 45,1% della manodopera necessaria, pari a 2.484.690 posti rimasti scoperti, con un aumento del 4,6% rispetto al 40,5% del 2022.
Le cose vanno peggio per le piccole imprese che nel 2023 hanno avuto difficoltà ad assumere il 48,1% del personale, e per gli artigiani la quota di lavoratori introvabili sale al 55,2%.
Per le nostre aziende la difficoltà a trovare lavoratori qualificati supera di gran lunga i problemi della burocrazia, dell’accesso al credito, della concorrenza sleale. Lo scorso anno, le Pmi non sono riuscite ad assumere 828mila lavoratori con competenze green, vale a dire il 51,9% del personale necessario con questo tipo di qualificazione.
Non va meglio per i lavoratori con competenze digitali. Secondo il rapporto di Confartigianato, la ricerca di personale ha tempi medi di 3,3 mesi che possono superare un anno per trovare operai specializzati. Tutto questo per le piccole imprese ha un costo che Confartigianato quantifica in 10,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto per le ricerche di manodopera che durano oltre 6 mesi.
Per reagire alla carenza di personale, il 66% dei piccoli imprenditori ha adottato una serie di strategie. In particolare, un quarto delle aziende ha puntato sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale.
“Per la maggior parte dei lavoratori necessari alle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico, come qualifiche, diplomi e certificati professionalizzanti”: dichiara Eleonora Landi, Responsabile Ufficio Formazione Confartigianato La Spezia. “ Nella provincia spezzina sono tanti i profili professionali ricercati, e i corsi di formazione che proponiamo possono essere una valida opportunità per imparare un mestiere e indirizzarsi nel mondo del lavoro”.
“Per colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro – sostiene Paolo Figoli, Presidente di Confartigianato – bisogna partire dalla scuola, di tutti gli ordini e gradi, che deve sempre più rafforzarsi nell’insegnare la ‘cultura del lavoro’, mischiando sapere e saper fare, superando la storica separazione tra formazione umanistica e formazione tecnica per preparare davvero i ragazzi ad affrontare con la propria testa un mondo in continua evoluzione.
Crediamo molto nei percorsi di formazione professionale che il Governo ha promosso. Però, affinchè funzionino davvero e diano risultati, sono necessari il potenziamento della parte di formazione tecnico-pratica e un coinvolgimento diretto degli imprenditori nel ruolo di formatori”.