Sembra uno scherzo del destino. Il 4 giugno si apre la Conferenza dei servizi che dovrà esprimere il parere definitivo sul progetto della società Recos spa del gruppo Iren di costruire un digestore da 90 mila tonnellate di rifiuti organici a Saliceti. Esattamente un anno fa, il 5 giugno, il Consiglio provinciale, a maggioranza, votò una mozione che sembrava voler ribadire il ruolo dell’ente nella pianificazione del ciclo dei rifiuti. Con quella mozione il Consiglio provinciale impegnava il Presidente “a verificare se gli studi e le valutazioni che individuarono nel 2003 il sito di Saliceti come idoneo al trattamento dei rifiuti siano ancora attuali e validi ai fini del rilascio da parte degli uffici provinciali dei pareri richiesti dal PAUR”.
Il documento invitava anche i sindaci di Vezano Ligure e Santo Stefano Magra “nell’esercizio delle loro funzioni di ufficiali di sanità pubblica, ad effettuare le opportune verifiche sanitarie, di trasmetterle alla Regione”.
Non sappiamo se la mozione abbia avuto seguito o sia rimasta lettera morta, sebbene si concludesse con l’impegno “di rendere edotta la cittadinanza”.
All’approssimarsi della Conferenzz dei servizi i Comitati No Biodigestore Saliceti, Sarzana, che botta!, Acqua bene comune e le associazioni Italia Nostra, Legambiente e Cittadinanzattiva hanno inviato una lettera al presidente Pierluigi Peracchini, al vicepresidente Francesco Ponzanelli e ai consiglieri provinciali per chiedere un confronto e conoscere gli orientamenti dell’amministrazione in merito al progetto di Recos e alla scelta del sito di Saliceti.
Un’analoga richiesta di audizione i movimenti impegnati a contrastare il progetto di Recos spa in un sito ad alto rischio idrogeologico per la presenza della falda, che alimenta i pozzi di Fornola e assicura acqua potabile a 150 mila spezzini, l’avevano presentata il 1 febbraio scorso, ma era rimasta senza risposta.
Nella lettera comitati e associazioni ricordano che già nel Piano del 2003 Saliceti veniva indicato come sito con varie criticità: idrogeologica, vicinanza al Parco del Magra, con presenze entro un chilometro di aree d’interesse naturalistico e con vincolo di conservazione. E nel 2003 l’unica tecnologia considerata dal Piano era il compostaggio, assai meno impattante dal punto di vista ambientale. Inoltre si parlava di un impianto da 30 mila tonnellate di rifiuti organici l’anno in linea con la produzione spezzina di FORSU. Oggi la Provincia dovrebbe avallare un progetto da 90 mila tonnellate al servizio soprattutto di Genova, che non progetta impianti di trattamento dei rifiuti organici. Le associazioni ricordano che proprio la Provincia il 6 agosto 2018 aveva approvato il Piano d’area, sottoposto a VAS, che prevedeva la costruzione di un digestore anaerobico da 60 mila tonnellate a Boscalino per soddisfare anche le esigenze del Tigullio. Ma a Genova non basta.
I Comitati contano sul sostegno di tutte le forze politiche di ogni colore, che in questi mesi si sono espressi contro il progetto Recos, che viola la pianificazione pubblica, a cominciare dal vicepresidente Ponzanelli, santostefanese doc, da sempre ostile al progetto, che dichiarò che “sarebbe giunto il momento in cui ognuno avrebbe dovuto metterci la faccia”. Ecco il momento è giunto per tutti i politici spezzini di ogni ordine e grado.
Le associazioni chiedono anche che risultato abbia sortito l’invito di un anno fa ai sindaci di Vezzano Bertoni e di Santo Stefano Sisti di “effettuare le opportune verifiche sanitarie”, dal momento che non se ne è avuta notizia. Chiedono nello stesso tempo alla Provincia di ottenere da Arpal i dati degli inquinamenti nell’area di Saliceti, delle emissioni dell’impianto TMB di trattamento dei rifiuti indifferenziati della capacità di 105 mila tonnellate (a Spezia ne bastano 30 mila, il resto è al servizio di Genova!) in funzione da anni.
Il parere sanitario si deve fondare su dati. E l’Asl 5, convocata in Conferenza, dal 2015 ha abbandonato il progetto di sorveglianza epidemiologica e ha fatto sparire dal suo sito online i report delle ricerche condotte fino a quell’anno.
Insomma le associazioni ecologiste chiedono che ciascuno faccia la sua parte per tutelare l’interesse di una comunità, quella spezzina, chiamata a pagare le carenze di programmazione di Genova e della Regione.