"Carissime,
quest'anno sarà un primo maggio diverso, sicuramente amaro, lontano dalle nostre piazze in cui rivendichiamo diritti e celebriamo il lavoro e le conquiste e le fatiche delle lavoratrici e dei lavoratori. L'emergenza di queste lunghe settimane ci ha fatto capire che il Covid-19 è un nemico sociale delle donne perché porta con sé molteplici problemi che investono la società in maniera trasversale. In poche settimane un virus, invisibile e devastante allo stesso tempo, ha stravolto la quotidianità di ognuno, imponendo rigore e limitazioni mai visti prima.
Dallo sgomento si è passati alla paura, dalla paura si è passati all'esasperazione. Osservando il panorama di un futuro incerto si intravedono all'orizzonte due strade: quella della speranza che abbozza una ripartenza con tutte le difficoltà del caso e quella del terrore, che fa temere la ricaduta. Interi comparti profondamente danneggiati, milioni di lavoratrici e lavoratori in difficoltà economica, famiglie alle prese con l'eterna difficoltà di conciliare i tempi di vita e di lavoro, in una società che si dimostra ancora una volta non all'altezza della situazione. La globalizzazione nella sua accezione più negativa si è palesata in questo 2020. Un virus in pochissimo tempo ha investito il mondo e si è accanito sull'umanità, nel senso più ampio del termine, dimostrandosi più aggressivo con i soggetti più fragili. Migliaia di vittime, in un tempo così breve e al tempo stesso fatto di giornate lunghissime. Un virus che soprattutto ha dimostrato di essere nemico delle donne: è il caso delle addette mensa, lavoratrici impegnate negli appalti della ristorazione scolastica che non percepiscono stipendio dal 23 febbraio scorso. O ancora il caso della lavoratrici delle RSA, spesso lavoratrici straniere, che si sono viste negare dispositivi di protezione individuale per settimane, mentre intorno a loro il virus agiva quasi indisturbato mietendo migliaia di vittime. Sono donne, le addette alla vendita dei supermercati, che hanno affrontato l'emergenza recandosi quotidianamente sul posto di lavoro, lasciando i propri figli a casa, molto spesso con i nonni nonostante le raccomandazioni della protezione civile.
Sono ancora donne le infermiere e le OSS degli Ospedali impegnate nelle terapie intensive al collasso, e sono sempre donne le badanti a cui abbiamo affidato i nostri anziani, che si sono viste negare le tutele previste per tutti gli altri lavoratori. Per non parlare delle lavoratrici a casa, in smartworking, impegnate in una trattativa continua con i propri figli e con la didattica a distanza, per aggiudicarsi gli strumenti informatici a disposizione e i giga rimasti. Infine le baby sitter, che entrano nelle nostre case, prendono per mano i nostri figli, giocano con loro, eppure quando sentiamo parlare di bonus e voucher per il pagamento delle loro prestazioni, ci facciamo cogliere impreparate, disinformate, a tratti scettiche sulla bontà della misura, perché in Italia le lavoratrici del settore domestico sono quasi due milioni, mentre i rapporti di lavoro denunciati sono poco meno di ottocentomila. Una lunga lista di difficoltà che il mondo del lavoro deve affrontare ai tempi del Covid 19 e a cui ognuno di noi può aggiungere senza fare troppa fatica un ennesimo esempio. La verità di tutta questa brutta storia è che un virus da solo non può essere il responsabile di tutto questo.
Politiche del lavoro inefficaci, lavoro sommerso, retaggi culturali, modelli di società obsoleti e infine, ma solo infine 50 giorni di quarantena, qui ci hanno portati e proprio da qui è necessario ripartire. L'impegno delle organizzazioni sindacali deve essere quello di guidare un nuovo percorso. La denuncia, il lavoro per far emergere le situazioni di difficoltà e pericolo sono doverose, ma la vera sfida sarà quella di riuscire ad affermare un modello di lavoro nuovo, fatto di smartworking anche oltre il 4 maggio, di congedi parentali prolungati per tutto il periodo dell'emergenza fino ad arrivare al pieno riconoscimento delle tutele per le lavoratrici del settore domestico, favorendo anche attraverso incentivi e bonus l'emersione del lavoro nero in questo settore.
Occorre evitare che questa emergenza mieta più vittime di quelle già portate via dal virus. Se gli studi in ambito economico ci dicono che la parità tra donne e uomini, nel mondo del lavoro, porterebbe un aumento del PIL superiore al 35%, le difficoltà del momento attuale, rischiano di allontanare pericolosamente il nostro Paese da questo obiettivo, trascinando con sé milioni di famiglie italiane alle prese con la cura dei figli e degli anziani. L'impegno deve essere quello di tenere vivo il dibattito sulla condizione lavorativa di milioni di donne lavoratrici e di aspiranti tali, per porre le basi ad una stagione contrattuale nuova e al passo coi tempi".
Il coordinamento Pari Opportunità della Uil Liguria