Lo Spezia batte il Napoli senza tirare mai in porta e già questo rende la sfida di ieri sera al Maradona più unica che rara. Anche perché il Napoli di tiri in porta ne ha fatti 7, rendendo protagonista indiscusso della vittoria Provedel, autentico gattone sulle conclusioni velenose e ravvicinate dei vari Mertens, Lozano, Di Lorenzo e Petagna; la squadra di Spalletti ha provato la conclusione altre svariate volte non centrando lo specchio ma sfiorando il gol a portiere battuto, e questo è avvenuto dall’inizio alla fine della partita.
Anche se sono le partite come queste a spiegare perché il calcio è così intrigante – non è mai scontato che il pesce grosso mangi il piccolo – è ovvio il rammarico di Luciano Spalletti che dopo la sconfitta di ieri sera vede allontanare il treno dell’alta classifica, al termine di una prestazione comunque positiva ma segnata da qualche pecca nell’organizzazione di gioco e da cambi apparsi ai più incomprensibili, leggi Mertens per Petagna a inizio ripresa o Politano per Demme a 10 minuti dalla fine, due giocatori imprendibili per la difesa aquilotta e sempre protagonisti nelle azioni più pericolose del Napoli.
Luciano Spalletti ieri sera ha reso con gli interessi l’insulto rivolto allo Spezia pochi anni orsono, quando definì quello nostrano “pacciame del calcio”, un termine davvero poco apprezzato dalla piazza spezzina che ricorda “Lucio” con la maglia bianca in tempi eroici, targati serie C, presidenti ballerini, stipendi sempre in forse ma segnati a fuoco da un affetto reciproco davvero forte, tanto da portare il mister del Napoli a sposarsi con una spezzina, lui che di quella squadra era leader in campo e fuori.
E ora Thiago Motta? Fino a ieri pomeriggio voci insistenti davano in sede a Torino l’ex Giampaolo per rescindere il contratto che ancora lo lega ai Granata, addirittura in tarda serata lo avevano segnalato dalle nostre parti. Di certo l’allenatore dalla faccia triste ex Sampdoria, Milan e Torino ma con una lunga esperienza in panchina, iniziata nel 2000 da vice nel Pescara, resta in pole position tra i papabili a subentrare a mister Motta, ma è ovvio che dopo la prova di ieri sera ogni valutazione della società vada attentamente ponderata.
Perché è vero che lo Spezia gira la boa del girone di andata 3 punti sotto rispetto alla scorsa stagione, ma nessuno dimentica le mille traversie di avvio campionato per Motta, ritrovatosi con una rosa pensata da altri, con zero preparazione in altura, zero amichevoli per il Covid, lo stop forzato di Leo Sena, il blocco del mercato che ha allontanato tanti possibili contatti, gli infortuni a catena che hanno segnato il percorso dei vari Agudelo, Bourabia, Erlic, Reca solo per citarne alcuni.
Un errore prettamente tecnico che può essere forse addebitato a Motta è stata la scelta del primo portiere fatta a inizio stagione, perché il rientro di Provedel al posto di Zoet oltre alle qualità tecniche ha riportato in campo la possibilità di far ripartire il gioco dal portiere, confortando i difensori centrali. Per il resto, il suo Spezia ha fatto vedere cose buone alternate a prestazioni non sufficienti, e soprattutto in avvio di stagione ha cambiato troppo spesso l’assetto tattico e gli stessi giocatori dall’inizio, rendendo difficile l’assimilazione dei suoi criteri di gioco, al di là del mantra ripetuto spesso: “Si attacca in undici e si difende in undici”, alternato a “La partita più importante è sempre la prossima”.
Ma oltre al dato tecnico – che riguarda comunque ogni mister, che ne risponde sempre in prima persona – la vittoria di Napoli induce a qualche ulteriore riflessione: il calcio è gioco di squadra dove uno più uno non sempre fa due, dove la coesione del gruppo, la condivisione degli obiettivi tramite l’impegno e la serietà quotidiana in allenamento, il rispetto dei ruoli può portare ad una somma superiore al totale degli addendi: è un po' questa la magia di qualsiasi sport di squadra, che non può prescindere dalla figura riconosciuta e rispettata del proprio leader, ovvero del tecnico che siede in panchina.
E dalla prova di umiltà, carattere, sacrificio dimostrato da tutti i giocatori schierati ieri sera, nonché dalle parole di capitan Maggiore e Agudelo nel dopo gara, si è capito chiaramente questo: lo spogliatoio si è ricompattato attorno a Motta, il gruppo in campo lo ha sostenuto in quella che potrebbe essere comunque la sua ultima in panchina alla Spezia, l’esclusione ancora una volta di Nzola può essere letta proprio nella direzione di voler tutelare l’unità del gruppo, di voler premiare chi dimostra determinati valori nel lavoro quotidiano (tra l’altro ottimamente retribuito), anche a costo di operare scelte tecnicamente penalizzanti, o di escludere dalla partita giocatori comunque importanti come nel caso dell’attaccante angolano o di altri giocatori della rosa.
Se il gruppo riconosce il suo leader lo Spezia può affrontare il girone di ritorno con qualche certezza in più, senza considerare che Motta sta investendo nello Spezia il suo futuro professionale da allenatore al quale ha dichiarato di tenere molto, un’esperienza fondamentale rischiando molto – come ha giustamente osservato Mourinho – dovendosi confrontare con giocatori che non sono – quantomeno ancora- lontanamente paragonabili al livello da lui raggiunto nei club tra i più prestigiosi d’Europa.