"Lo ricordo come segretario della Cisl: per caso ha mai proposto di chiudere la centrale? Ricordo il contrario.
Non è neanche vero, come sostengono alcuni consiglieri comunali di destra (che sino all'altro giorno sostenevano che con l' Enel bisognasse essere realisti) che per 45 anni si sono concessi permessi per inquinare.
Ricordo solo, come cittadino del Termo, i provvedimenti del sindaco Varese Antoni per imporre combustibili meno inquinanti o la battaglia che, con grande impegno, facemmo alla fine degli anni ‘80 e inizio anni ‘90 contro il progetto dell'Enel di consolidare il sito con la desolforazione e denifricazione dei quattro gruppi a carbone, una delle centrali più grande d' Europa nel perimetro urbano.
Si inserì, in quella vertenza, il referendum consultivo, del quale votammo l’indizione in consiglio comunale, contro il parere dei “saggi : segretario generale del comune capo della procura e altri" che dichiararono l'inammissibilità del quesito.
Lo facemmo per far sentire all'Enel la voce della città.
Non è nel potere del comune chiudere una centrale che è parte delle politiche energetiche nazionali, lo sappiamo.
Tuttavia, quando si presentò l'occasione nel 1991, il Sindaco Burrafato, con l' impegno nostro, essendo a capo di una giunta di sinistra, chiuse la centrale per violazione della legge Merli sugli scarichi termici.
Successe un putiferio, ma andammo avanti.
La centrale fu riaperta perché il parlamento modificò la legge Merli andando incontro all'Enel.
Comunque sia, la centrale ( 1997) non è stata consolidata ma depotenziata, per merito delle nostre battaglie.
Due sezioni( 310 e325 mw) a ciclo combinato alimentate da gas naturale e un gruppo da 600 Mw a carbone.
Prima, era una centrale di oltre 1800Mw tutta a carbone: le quattro ciminiere erano i "Cavalieri dell'apocalisse”.
Successivamente, si è ancora più accentuata la politica energetica nazionale togliendo spazio alla richiesta nostra alle autorità centrali sulla "specificità del sito".
Penso che, se c'è da fare una valutazione anche critica, la città non si sia battuta sufficientemente perché il metano fosse il principale combustibile nella produzione della centrale della Spezia, anche contro i calcoli economici di risparmio delle politiche nazionali, che erano non coerenti con gli accordi del 1997 (la centrale doveva andare per metà a metano).
In ogni caso, gli accordi fatti dalle amministrazione locali hanno puntato, sempre, a migliorare la qualità delle emissioni.
Nei mesi scorsi, il Sindaco Peracchini ha aperto alla proposta dell'Enel di una centrale a turbogas, senza in alcun modo consultare la città, ma con una decisione presa nel chiuso della maggioranza del consiglio comunale.
Poi, oggi, la destra ha cambiato idea, nonostante appena pochi giorni fa l'assessore regionale Giacomo Giampedrone dichiarasse il suo sì alla centrale a gas, pur necessitando un valutazione di ordine ambientale.
Molta confusione, insomma, sotto il cielo di Giovanni Toti! A mio parere, ha ragione Marco Grondacci: sono solo "slogan inutili" quelli del Comune, se poi non si blocca la procedura a livello nazionale.
Ma La Spezia è debole perché, in questo tempo, ha aperto all'Enel ma non ha avanzato proposte.
Questo, per responsabilità del sindaco.
Erano necessarie idee per l 'occupazione, lo sviluppo, non chiacchiere di poca sostanza sui campi gioco.
Se il comune va a confronto con Enel e governo, deve individuare gli strumenti sanitari e urbanistici che ha in mano.
Una cosa seria, insomma, perché qui non è minimamente sufficiente la propaganda.
Soprattutto, su questo tema è più che mai necessario la partecipazione popolare".
Moreno Veschi, coordinatore provinciale di Articolo Uno- MDP