Il sistema politico è al collasso ma, grazie al Rosatellum, si salvano i suoi capi. Con conseguente crescita dell’astensionismo: sempre meno elettori hanno voglia di eleggere i nominati e di salvare i capi. L’insofferenza diventa sempre più indifferenza rispetto alla politica. Il Rosatellum consegna inoltre il sistema al duello tra destra e M5S. La destra farà una coalizione fasulla senza un programma condiviso -perché non può stare contemporaneamente con la Merkel e con l’ultradestra europea- mentre il M5S ha in mano la carta del fallimento di tutto l’establishment che ha governato in questi anni, il Pd ma anche la destra. Il Pd è precipitato in terza posizione. E un partito alla deriva, senza cultura politica e radicamento sociale, che ha abbandonato l’idea all’origine della sinistra, la difesa della dignità di coloro che non hanno e nemmeno vogliono avere privilegi. L’unica ideologia che gli è rimasta è quella del comando di una persona.
A sinistra del Pd si sta lavorando, tra molte divisioni, alla ricostruzione di una forza che rappresenti uno spazio ideale e sociale che pare tramontato. Le condizioni per l’impresa non sono favorevoli. Il rischio è ripetere l’errore fatale delle esperienze elettorali dal 2008 in poi: non fare i conti con la crisi del Paese e con le domande reali delle persone più deboli, nell’illusione che basti dichiararsi di sinistra per rappresentare quelle domande. Silvio Ferrari, sul Secolo XIX, ha scritto che “il nodo è affermare la necessità di una frattura”. Significa che il ciclo politico cominciato con il Pci è finito, così come è finita la storia della sinistra radicale, che ha governato con Prodi condividendone tutti i limiti e facendo troppo poco per non essere percepita come una “casta di sinistra”.
Il grande tema è quello di come interpretare la divisione centrale della politica contemporanea, quella tra basso e alto, di come ridurre le diseguaglianze e la precarietà del lavoro. Per parlare all’altra metà del Paese, quella che non vota più. Nuove forze, in Europa, sono protagoniste, in forme diverse, della “frattura”. In Italia non è ancora così. E provarci sul terreno elettorale non è il modo migliore. Perché, senza un movimento reale, le sigle inventate alla vigilia del voto restano progetti evanescenti. Tuttavia è giusto tentare. Ma, come ha detto Peppino Caldarola, direttore della rivista “Italianieuropei”, “serve un big bang, ripartire da zero e convincere gli elettori che comincia una storia nuova”. Certamente i tempi per questo progetto non sono brevi. Ma il Paese non aspetta. Nel caos del dopo elezioni il tema di un’intesa programmatica e politica tra M5S e sinistra si porrà in modo ineludibile. Il M5S non può sfuggire al tema delle alleanze: ci sono momenti nella storia in cui per restare fedeli a sé stessi bisogna cambiare. E la sinistra non deve abbandonare l’idea di scoprire e rafforzare la vena di sinistra -che coesiste con quella di destra- del M5S. Potrebbe essere l’unica via per uscire dallo stallo e dalla crisi di tutti gli attori politici. Più utile al Paese che l’accordo Renzi-Berlusconi, patto di potere tra perdenti senza futuro.
Giorgio Pagano
Cooperante, già Sindaco della Spezia