Sono dispiaciuto che un Sindaco, che si definisce cattolico praticante, abbia così velocemente dimenticato la posizione dei cattolici italiani e del Papa sui matrimoni gay.
Pur non avendo nulla contro i gay, vorrei tenere ben salda la mia posizione di cattolico impegnato in politica e non sono disposto a contrabbandare la mia fede con nessun compromesso o furbizia.
Il suo entusiasmo e la sua grande passione (mai vista, se non in questa occasione) di paladina del mondo omosessuale, matrimoni gay ed adozioni comprese diviene un palcoscenico di grande ipocrisia.
Qui nessuno rivendica il “patentino” di cattolico, ma la Sisti dovrebbe usare il buon senso e non professare la sua fede cattolica e poi “addomesticarla “in maniera così plateale pur di stare un po’ sulla scena mediatica: ci stia con i fatti che un Sindaco deve essere capace di fare.
E’ questo definirsi cattolici in politica?
Le parole di Papa Francesco sono chiare: "I bambini hanno il diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico (umano), non ideologico”.
Vorrei ricordare alla stessa che nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa si legge: "La famiglia, così, è il fondamento e il centro della società. E', infatti, comunità d'amore, grembo di vita, luogo nativo di incontro fra generazioni, palestra di dialogo tra generi diversi, cellula di giustizia sociale, prima risorsa economica del Paese, scuola di umanità nel rispetto del diritto del bambino ad avere padre e madre".
Sono sempre illuminanti le parole di Papa Francesco a proposito del rapporto dei cattolici con la vita del Paese: "Nessuno può dire: ma io non c'entro, sono loro che governano (...) Ma io devo collaborare, con la mia opinione, con la mia parola, anche con la mia correzione: non sono d'accordo per questo. Dobbiamo partecipare al bene comune" (Omelia in Santa Marta, 13.9.2013).
La differenza e la complementarietà fisiche, morali e spirituali sono orientate al bene del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare.
Francesco Ponzanelli
Capogruppo Santo Stefano Popolare