Ti aspettavi questo risultato?
Credo che in questo caso il risultato delle urne fosse facilmente prevedibile, soprattutto dopo il primo turno: il centrosinistra e il Pd di Renzi, della Paita e di Orlando hanno perso e con questa ennesima sconfitta si chiude un ciclo con le sue luci e le sue ombre. A nulla infatti sono serviti i campanelli d'allarme suonati in questi anni, ricordo Lerici per dirne una e nemmeno la sonora batosta delle regionali del 2015 ha sortito alcun effetto su dirigenti e amministratori democratici che al contrario hanno portato avanti in maniera ostinata una linea politica che ha avuto il suo epilogo con le ultime vittorie della destra alla Spezia e Genova.
Quanto ha pesato il panorama nazionale su questo storico risultato?
Sicuramente non poco. Aldilà dei commenti auto assolutori di questi giorni, due sono gli elementi incontrovertibili: il fallimento della vocazione maggioritaria del Pd e la conclusione del ciclo storico del centrosinistra a livello locale come, appunto, a livello nazionale.
Questo voto amministrativo infatti è un secondo segnale dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre che viene spedito direttamente a chi governa, a chi in questi anni ha imposto al Paese politiche neoliberiste come la legge Fornero, la Buona Scuola, il Jobs Act e i Voucher, per citare solo i principali.
E' innegabile che anche il tema dell'immigrazione ha giocato un ruolo importante favorendo foze politiche come la Lega che sanno come parlare alla pancia degli elettori.
Come vedi la città ora, all’indomani della vittoria del centrodestra?
Sotto il crollo di una intera classe dirigente politico amministrativa rimane una città divisa, ripiegata su sé stessa e priva di quello spirito democratico e partecipativo che l'ha sempre contraddistinta.
Non è una visione eccessivamente catastrofistica?
Direi di no, credo che sia un’analisi molto realistica. L'astensionismo, così come la brutta campagna elettorale che ha preceduto il voto e infine un ballottaggio vissuto come una guerra tra bande ne sono la prova tangibile. Il quadro che abbiamo davanti è quello di un tessuto sociale mutato, di una cittadinanza disillusa e disorientata che in larga parte sceglie l'astensione ed è ormai sempre più sorda anche al richiamo di valori considerati fino a ieri collanti sociali inossidabili.
E dove vanno ricercate le cause di tutto ciò?
Per prima cosa, credo che le cause vadano ricercate in una gestione del potere opaca, una politica amministrativa di corto respiro e in una certa autoreferenzialità che ha contagiato Istituzioni, Partiti, Sindacati e perfino, in certi casi, associazioni come Anpi e Arci. Secondo me sono questi i fenomeni che hanno caratterizzato questi ultimi anni e costituiscono la base della svolta a destra di una città e di una Provincia storicamente e culturalmente di sinistra. Il voto dei quartieri periferici è emblematico: i cittadini che di più in questi anni si sono sentiti marginalizzati e trascurati, impauriti da un futuro incentro, hanno optato per un cambiamento all'apparenza rassicurante.
Che presentandovi con più liste di sinistra avrebbe portato a maggiori difficoltà si sapeva dall’inizio. Con il senno di poi, credi che avrebbe fatto differenza presentarsi uniti?
In altre città italiane, come Padova, dove forze civiche e politiche di sinistra si sono presentate in coalizioni unitarie, si sono ottenuti ottimi risultati. Qui alla Spezia si è fallito in questo intento, ma più di ogni altra cosa è mancata una proposta politica unitaria in grado di parlare agli elettori storici del centrosinistra, ma anche a quelle ampie fasce trasversali della popolazione che, non trovando altra rappresentanza, hanno scelto il voto di protesta o l'astensione. Gli errori commessi sono stati molti ma anche sulla scorta dell'appello di Falcone - Montanari e dell'Assemblea del Brancaccio (Leggi qui sul sito Affari Italiani) crediamo fortemente che questo sia il momento della ricostruzione di uno spazio che guardi ai progetti e alle idee e noi siamo pronti a fare la nostra parte con umiltà e determinazione. Come abbiamo ripetuto fin dall’inizio, però, quello che conta è la visione condivisa sui contenuti, non alleanze fini a sé stesse. Siamo ben disposti a lavorare a una “costituente dei contenuti” e ad un confronto sui temi che potranno essere la base per costruire una alleanza con la città e i territori.
Quindi questa “fine di un’epoca” potrebbe essere anche per voi l’inizio di un nuovo percorso?
Sì, indubbiamente. Lasciate alle spalle le ubriacature dai fiumi del maggioritario respirati per vent'anni, pensiamo alla ricostruzione della nostra cultura, all'inversione del senso comune che pervade la società. È un lavoro non breve e non facile, ma funzionerà se sarà una “lunga marcia” prima nella società e solo dopo nelle Istituzioni. La rappresentanza istituzionale è sicuramente fondamentale non solo come tribuna, ma è solo una delle tante “trincee” di una lotta più complessiva.
Un lavoro lungo, lo hai detto. Da dove inizierete?
Dalle questioni emergenti: lavoro, tutela dei beni comuni, lotta alle disuguaglianze, attenzione alle periferie e all'ambiente, il diritto alla casa e la qualità della vita saranno le basi sulle quali costruire una proposta che parli un linguaggio chiaro e discontinuo. E' di questi giorni la notizia sul futuro incerto del reparto di Terapia del dolore in ASL5, un argomento concreto sul quale unire gli sforzi.
Un errore che sicuramente non dobbiamo più commettere è quello di proporre un generico progressismo elitario, molto preoccupato dei diritti civili, ma troppo disattento ai diritti sociali e alle dinamiche conflittuali tra poveri che si sono acutizzate in questa fase. Sono due facce importantissime della stessa medaglia e come tali devono essere portate avanti insieme.
La proposta è chiara, mettiamo a sistema le migliori esperienze politiche, le sane realtà civiche e associative e iniziamo la costruzione di una Sinistra forte e unita, non settaria, ma rispettosa delle diverse identità e provenienze, credibile nella proposta e coerente nei comportamenti e soprattutto che resti in campo in modo duraturo senza cambiare orientamenti o schemi di alleanze a seconda delle convenienze.