Troviamo assurdo che la logica della liberalizzazione possa prodursi fino alle sue estreme conseguenze, sottomettendo alla ricerca del profitto i diritti e le libertà di troppe persone. Presumibilmente non saranno coinvolti solo i lavoratori e le lavoratrici di queste aziende, ma anche gran parte dei fornitori della loro filiera. Tutto questo è inaccettabile, inaccettabile che lavoratrici e lavoratori non possano festeggiare proprio nel giorno della festa del lavoro. Il 25 aprile, il 1 Maggio ed altre date non sono giorni come gli altri, cooperative e aziende non dovrebbero seguire la logica del profitto a tutti i costi: questo i dirigenti dovrebbero saperlo bene. Dovrebbero; ma evidentemente c'è bisogno che qualcuno glielo ricordi. Il vergognoso andamento degli ultimi anni è stato favorito della folle normativa sul commercio approvata dal governo Monti con il voto di Pd e centrodestra. In nessun Paese europeo vige un regime di liberalizzazioni simile che permetta di aprire 365 giorni l'anno, 24 ore su 24. Il far west di aperture e orari si traduce in iper-sfruttamento dei lavoratori della grande distribuzione e crisi dei piccoli esercenti, un iper-liberismo che distrugge i legami sociali. Oggi possiamo fare un primo bilancio di questa "geniale innovazione" fatta in barba alle esigenze dei dipendenti della grande distribuzione, dei piccoli commercianti e dei clienti, e il risultato è sotto gli occhi di tutti: aumento delle chiusure dei piccoli negozi di vicinato e perdita di diritti e salario per i lavoratori e lavoratrici del settore.
Ovviamente la crisi non conosce giorni di festa o lavorativi, e pertanto chi gli euro non li ha non può spenderli mai. E così le aziende chiudono, i disoccupati aumentano, il potere di acquisto diminuisce, e non è certo liberalizzando le aperture dei negozi nei giorni festivi e nelle domeniche che si possono rilanciare i consumi. Il sistema avrebbe bisogno di ben altro! L'Italia è il paese europeo con le ore più lavorate in questo settore ed è un paese con un tasso di precarietà elevatissimo, pertanto le occasioni per spendere i soldi, quei pochi che ci sono rimasti, erano più che sufficienti senza andare a ledere ancor di più i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, e a costringere i negozianti di vicinato a passare le poche ore libere nei propri negozi per cercare di mitigare la sproporzionata concorrenza della grande distribuzione.
L'assenza dei comunisti e di una seria (e severa) opposizione in Parlamento ha contribuito a questo degrado politico e morale nel quale sta annegando il paese. La volontà di cancellare dalle istituzioni qualsiasi voce contraria al sistema capitalista, ha ottenuto il risultato di un adeguamento al pensiero unico trionfante con una divisione di ruoli (direzione effettiva del paese e scelte strategiche da parte di chi detiene il potere economico e finanziario, amministrazione utile a “lorsignori” assegnata alle forze politiche presenti nelle istituzioni) che ha lasciato inalterati rapporti di forza ed ha aumentato le condizioni di sudditanza esistenti. Così le politiche sul lavoro si sono rivolte esclusivamente e in maniera crescente agli interessi delle imprese e ai profitti individuali di capitalisti e padroni della finanza. Il risultato raggiunto è, a dir poco, drammatico. I dati e la realtà (che, chi vive del proprio lavoro è costretto a subire ogni giorno), anche se vengono raccontati in maniera edulcorata da una informazione compiacente, sono lo specchio di un fallimento totale. Invitiamo i lavoratori, assieme a tutte le cittadine e i cittadini del territorio, ad unirsi a noi e a quanti in queste ore stanno esprimendo pubblicamente l'indignazione per queste "aperture straordinarie" e per le condizioni sempre più preoccupanti dei lavoratori; riservandoci, oltre alla campagna di informazione che abbiamo già iniziato, ulteriori iniziative nei mesi a venire.