Nessun flash mob, nessuna piazza gremita. Forse perché parlare dello ius soli ovvero la riforma della cittadinanza per i nati in Italia da genitori stranieri è un tema assai bollente, considerato il periodo storico, o forse perché siamo ormai indifferenti anche di fronte ai nostri stessi diritti.
Ma in fondo cosa vuol dire diritto alla cittadinanza? Perché si è tanto restii a conferire tale diritto ai nati in Italia da genitori stranieri nonostante contribuiscano in modo concreto allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese?
Fermo a Palazzo Madama da oltre un anno, il ddl sullo ius soli è rispuntato all'ordine del giorno del Senato solo qualche giorno fa. Eppure essere cittadini italiani comporta obblighi e diritti e di conseguenza l'essere "riconosciuti" legalmente sul territorio, accettando le leggi dello Stato.
"Una norma di civiltà oltre che di buon senso perché ci mette al passo dei tempi" - spiega Houssem Dalhoumi, già membro Presidente della Consulta degli Studenti e organizzatore della manifestazione - "Ormai sono sempre più i casi di ragazzi cresciuti in Italia, perfettamente italiani senza però essere cittadini".
"E' necessario trovare un quadro concreto e stabile – spiega l'Avvocato Federico Lera, rappresentante dell'Associazione "Avvocati di Strada" - che disciplini gli arrivi in Italia e il percorso d'integrazione. E nel momento in cui si decide di accogliere, è fondamentale avere un percorso d'integrazione completo che dia la possibilità di accedere sia ai diritti che ai doveri".
Per l'associazione Arci - da anni attiva nel settore della promozione sociale e dei diritti degli immigrati - in realtà il nostro Paese è già pronto per le "comunità di destino" ma si corre il rischio di continuare ad alimentare una guerra fra poveri, considerato che un paese con meno diritti è in realtà un paese più povero.
E per "sbloccare" la legge in Senato, nel corso della manifestazione sono state raccolte le firme per una petizione.
"Ius soli è un termine latino coniato dall'Impero romano – conclude l'assessore alle Politiche Sociali, Mauro Bornia – un impero oltretutto "inclusivo" nel periodo del suo massimo splendore. Quando un Paese è forte non si ha paura della diversità. Quando un paese è debole si creano automaticamente delle tensioni. Oggi assistiamo ad un fenomeno in cui chi ha meno se la prende con chi ha ancora meno. E' inutile nascondere che il 70% delle persone che si rivolge ai servizi sociali è italiano, ma qui si tratta di buon senso, di creare una cultura dell'integrazione e dell'accettazione. In fondo, lo stesso Trump non ha messo in discussione il diritto per chi nasce nel paese di diventare automaticamente cittadino americano".