I burocrati accorsi al capezzale lericino hanno espresso un giudizio unanime: guai se il bubbone della discussione, e perchè no della sfiducia, dilaghi in un contesto in cui l'incapacità di dare risposte alla gente deve essere tamponato con l'autoconservazione della "castina", un fortino di solerti professionisti della politica che devono mantenersi sul ponte di comando, a tutti i costi.
Non è un caso che la solidarietà a Caluri non sia arrivata da nessun cittadino, ma solo da "colleghi" di partito e amministratori comunali, alcuni dei quali, come il sindaco della Spezia Federici, autori di veri e propri sproloqui da manie di protagonismo "social", in pieno stile Renzi.
In questo teatrino squallido, l'uso spregiudicato di parole come "responsabilità", "democrazia" e "politica", da parte di questa mini casta, che probabilmente conosce Lerici per qualche passeggiata domenicale, suona quasi come una provocazione.
E' bene ricordare, tanto all'opinione pubblica quanto a costoro, che neanche un consigliere comunale di maggioranza è intervenuto a difendere l'operato del sindaco Caluri: questo esercizio è stato fatto solo dagli assessori che appassionatamente difendevano il loro lavoro e la loro posizione.
Abbiamo visto un sindaco arroccato nella sua posizione di difesa della dignità, una dignità politica che gli è stata tolta dal suo stesso segretario Michelucci quando gli ha proposto un anno di "commissariamento" per valutare l'operato ed eventualmente staccare la spina.
La sfiducia a Caluri rappresenta un atto di democrazia, perchè è bene ricordare che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme della rappresentanza. Non si può governare con autoritarismo polemico e irritante senza rispettare i propri alleati, i propri consiglieri e di conseguenza cittadini che l'hanno eletti.
A Lerici abbiamo posto fine all'antidemocratica solfa dell'uomo solo al comando: un sindaco, un presidente, un amministratore pubblico ha il dovere di confrontarsi e di decidere collegialmente per il bene di tutti. Un confronto che a Lerici l'ormai ex sindaco non ha mai saputo affrontare e da cui è sempre fuggito, risultando l'amministratore più inconcludente della storia di questo comune.
Il dato politico rilevante è che anche nel plebiscitario "partito della nazione" renziano, quello del 40% e del potere quasi assoluto su scala nazionale, si aprono crepe importanti, già emerse con chiarezza all'indomani dello scandalo-primarie della Liguria di un mese fa.
Tali crepe sono esplose definitivamente a Lerici dopo un calvario lungo tre anni, con uno stillicidio continuo di dimissioni di consiglieri e assessori, dato che fin dal primo giorno Caluri ha avuto forti difficoltà nel confronto interno e nella concretezza delle decisioni.
Il penoso spettacolo di lunedì sera, quando dopo cinque ore di dibattito e di occupazione del palazzo comunale da parte dei dirigenti provinciali del Pd, Caluri ha persino litigato in pubblico con la propria capogruppo poco prima del voto, è stato solo l'ultimo capitolo di questa misera vicenda.
Ora si apre una nuova fase: lavoreremo alla costruzione di un percorso politico unitario in cui si incontrino le forze politiche, sociali e civiche che condividono valori per noi inalienabili come solidarietà sociale, sostenibilità ambientale, trasparenza e democrazia, per tradurli in progetti per il nostro futuro, per una Lerici che abbia il coraggio e l'ambizione di guardare ad un orizzonte di sviluppo e di innovazione".