Il più importante è l'affetto per una persona speciale, simbolo dell'impegno per tramandare la memoria della Resistenza ai giovani, che sono stati, non a caso, i protagonisti della cerimonia. Chi ha partecipato, inoltre, ha voluto "esserci" per difendere la matrice antifascista della Repubblica e la Costituzione, intesa non solo come garanzia di libertà contro derive autoritarie ma anche come programma per un'Italia diversa, per aprire orizzonti nuovi verso una vita più umana. C'era, dunque, con questi sentimenti e idee, un popolo largo, non solo di sinistra. Ma, per la storia di Vanda, il suo funerale è stato anche una manifestazione "rossa", del popolo di sinistra. Ed è su questo che, da uomo di sinistra, vorrei riflettere. Che cos'è, innanzitutto, la sinistra? L'antropologa Amalia Signorelli ne dà tre accezioni. C'è un "sentimento di sinistra", ancora prepolitico, fatto di ribellione alle ingiustizie e di speranza in un futuro migliore. La sinistra è poi un patrimonio di tradizioni civili, di comportamenti sociali, di militanza, partecipazione, stili di vita: un patrimonio che è stato buttato via e che sopravvive a fatica. La sinistra, infine, è una forza politica organizzata, con un orizzonte di idee e un programma per rendere la società più giusta: una forza che oggi, in Italia, non c'è. Al funerale di Vanda c'era la sinistra nelle due prime accezioni. Non c'era nella terza accezione, perché non poteva esserci. Non a caso l'unica bandiera presente era quella di un partito che non c'è più da oltre vent'anni, il Pci. Così come c'erano tutti i suoi simboli: "Bandiera Rossa, l'"Internazionale", il pugno chiuso. Ma chi ha partecipato non aveva certo l'obbiettivo di tornare al Pci. Credo che il legame tra chi c'era fosse una passione, un'immaginazione: il coraggio di provare a realizzare un'altra società, che faccia crescere insieme eguaglianza e libertà, e di trovare il "luogo" dove provare, insieme, a dare testa e gambe a questi valori. Obbiettivi niente affatto semplici, perché veniamo dalle macerie. La dissoluzione del Pci è stata gestita senza fare i conti con il fallimento del suo progetto, senza dire dove fosse la continuità e dove il mutamento, senza costruire una nuova teoria di interpretazione della realtà. La sinistra è andata avanti alla cieca, divisa tra adattamento alle idee degli altri e ricerca di un impossibile ritorno al passato. Eppure qualcosa si muove. Pensiamo a come in questi anni si siano sviluppati temi di grande interesse: i beni comuni, i diritti di cittadinanza, la centralità del lavoro, le diverse forme di garanzia del reddito, l'ecologia. Manca però un pensiero forte che metta insieme i segmenti di questa costellazione di idee, che allo stato attuale prefigurano sentieri diversi e a volte anche in contraddizione tra loro. Viviamo in una situazione di grande cambiamento: l'attuale configurazione politica ha un evidente carattere aleatorio e instabile. La sinistra può tornare se ritrova una dimensione ideale, in un rapporto stretto con la vita delle persone. E' il momento di ricominciare a progettare, in un luogo capace di tenere insieme tutta la sinistra che vuole ripensare se stessa e la società, dentro, fuori e oltre i partiti. Risponderemo così all'appello del diario di Vanda: "La mia grande aspirazione è sempre stata di vedere tutte le anime della sinistra unite in un'unica formazione".