«Già nel prossimo consiglio regionale chiederò un intervento urgente alla giunta ad attivarsi per chiarire al più presto le modalità contenute in uno schema di decreto della presidenza del consiglio dei ministri per la soppressione di quattro Prap-Provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, per cui la Liguria perderebbe la propria autonomia amministrativa vedendosi accorpata a Piemonte e Valle d'Aosta».
Così Edoardo Rixi, consigliere regionale della Lega Nord, che annuncia iniziative urgenti in Regione in seguito alla segnalazione ricevuta dal Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria che ha denunciato i pericoli conseguenti al provvedimento al vaglio dei prossimi Consigli dei ministri. «Sappiamo che la situazione nelle carceri liguri è già oltre i limiti previsti per legge – spiega Rixi – il sovraffollamento, sopra la media europea, le difficoltà quotidiane affrontate dai poliziotti e dagli operatori penitenziari cronicamente sotto organico, le strutture vetuste, spesso posizionate nel cuore di popolosi quartieri, l'elevata percentuale di detenuti extracomunitari e tossicodipendenti costituiscono un quadro già negativo che rischia di peggiorare ancora di più se verrà messa in atto la decisione di sopprimere il Prap della Liguria. Togliere l'autonomia amministrativa ai sette penitenziari liguri, dove sono detenute oltre 2 mila persone, potrebbe fungere da detonatore a una situazione già esplosiva. Occorre ricordare che è grazie all'elevato grado di professionalità e di profonda conoscenza delle dinamiche proprie della popolazione carceraria che i dirigenti locali, i poliziotti e gli operatori penitenziari sono riusciti a tenere sotto controllo una situazione ai limiti dell'emergenza. Accorpando il Prap della Liguria e quindi esautorandolo della propria autonomia è forte il rischio che si crei un allontanamento dalle problematiche insite alle carceri liguri che si trasformerebbero in una vera e propria "periferia", una zona d'ombra con tutte le conseguenze, negative, sia sul piano gestionale sia amministrativo del caso. Pensiamo, ad esempio, a quali disagi comporterebbe l'approvazione di questo provvedimento per il personale di polizia penitenziaria, i detenuti, gli avvocati che si troverebbero costretti a riferirsi a uffici a trecento chilometri di distanza. La creazione di un unico Prap per Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta vanificherebbe anche la "territorialità della pena", prevista dall'ordinamento penitenziario, rendendo possibile il trasferimento di detenuti da Aosta alla Spezia. Oltre a implicare costi aggiuntivi per la pubblica amministrazione, allontanare i detenuti dalle proprie famiglie, secondo gli addetti ai lavori, significa aumentare la probabilità di atti di autolesionismo e suicidi tra i detenuti che già oggi si verificano con preoccupante frequenza compromettendo ulteriormente la sicurezza dietro e oltre le sbarre. Concordiamo con le preoccupazioni espresse dal Sappe sulle conseguenze che un provvedimento di questo tipo implica: la destabilizzazione del sistema della sicurezza e di presidio territoriale della legalità, costruito con anni di esperienza e di cui fanno parte le carceri, i reparti, i nuclei delle traduzioni e dei piantonamenti e le centrali operative regionali della polizia penitenziaria. L'attività di supervisione, coordinamento e controllo del Provveditorato ligure è decisivo per salvaguardare il mantenimento della sicurezza interna ed esterna, in raccordo con le autorità del territorio, in primis con la Regione in materia di salute dato che dal 2008 la sanità carceraria è gestita dalle Asl. Per evitare questo scellerato provvedimento che metterebbe a serio repentaglio la sicurezza dentro e fuori dalle carceri, auspico un'ampia mobilitazione della politica. Come più volte abbiamo ribadito, non è svuotando le carceri o depenalizzando reati minori che si rendono più sicure le nostre città. Bisogna finirla con interventi e cure "palliative" per affrontare l'emergenza carceraria e la sicurezza dei nostri quartieri: invece di tagli e accorpamenti servono investimenti nell'edilizia carceraria e nel potenziamento degli organici della polizia penitenziaria che, anno dopo anno, sono sempre più lasciati soli ad affrontare situazioni emergenziali. La gestione fallimentare del problema da parte degli ultimi governi "tecnici" e di larghe intese di centrosinistra è dimostrata dalla condanna inflitta dalla Corte europea dei diritti umani all'Italia, che, se non si metterà in regola, rischia di far pagare ai contribuenti una multa fino a 300 milioni di euro».