Prima di tutto sgombriamo il campo da un equivoco: il GNL di Panigaglia da inserire nel circuito della distribuzione, da trasportare quindi via mare o via gomma, non c'entra nulla con la crisi energetica e la funzione in tal senso dei rigassificatori. Questo GNL infatti non viene rigassificato, ma trasportato in forma liquida (da qui la particolare pericolosità e l'altissimo rischio per le popolazioni del Golfo) per alimentare i distributori di gas liquido utilizzati esclusivamente da alcune tipologie di camion, o al massimo da quelle navi che si sono dotate dei motori idonei. Quindi in questo caso non c'è nessun "senso civico" o "sacrificio per la nazione" che tenga. E' un'operazione commerciale di SNAM che ha come unico lato ambientalmente positivo quello di alimentare una tipologia di motori meno inquinanti.
Ci siamo per primi espressi contro il trasporto via mare per questioni di sicurezza, ora ci occupiamo dell'ipotesi di strada alternativa alla Napoleonica, e di chi la propone come mezzo di alleggerimento del traffico attuale. Sorvoliamo per il momento sull'eventuale utilizzo dedicato al trasporto del GNL (che sarebbe probabilmente esclusivo, per cui senza nessun ritorno positivo sulla viabilità corrente, anzi, scaricherebbe una volta a Spezia sulla rete stradale ordinaria un flusso di cisterne del tutto incompatibile e insopportabile).
Pensare di costruire una strada (che sarebbe per forza di cose un'opera di notevole impegno ingegneristico e ambientale visto che non potrebbe che svilupparsi in galleria e venire dotata di svincoli di tipo autostradale) è un assurdo non solo per il suo impatto su un arco collinare non ancora stravolto dall'urbanizzazione come avvenuto nel resto del Golfo, ma anche dal punto di vista dell'utilità infrastrutturale e sul piano socio-economico. Già oggi il carico di auto che raggiunge Porto Venere è fortemente sovradimensionato rispetto alla capacità di carico del territorio. E poco farebbe la eventuale costruzione di un nuovo parcheggio, con la sua ricaduta in termini di impatto. Assisteremmo in forma ancora più intensa (sempre che sia possibile) al fenomeno delle auto che scendono al Borgo, non trovano parcheggio e risalgono al Cavo, da cui di solito si devono allontanare per la mancanza di stalli liberi.
La verità è che Porto Venere ha raggiunto la saturazione in base al tipo di turismo mordi e fuggi cui si è adeguato oggi, che rischia di avvicinarla al modello Cinque Terre, con la differenza peggiorativa che non esiste il trasporto via treno a limitare almeno alcune ricadute negative.
La soluzione deve essere drastica e mirare quindi a ridurre i picchi di presenze, possibilmente per ridistribuirli in una stagione più ampia. Per fare questo occorre cambiare modello turistico e adeguarlo a quelle esigenze e necessità che si stanno velocemente affacciando all'orizzonte e che dovremmo essere capaci di anticipare, se vogliamo garantirci un'economia sostenibile nel tempo.
Il trasporto privato dovrà infatti essere necessariamente ridotto a vantaggio di quello pubblico: basti pensare alla riduzione del comparto auto che il passaggio all'alimentazione elettrica comporterà. Se immaginiamo un futuro abbastanza prossimo in cui i flussi turistici utilizzeranno principalmente il trasporto ferroviario o navale, e lo sviluppo al contempo di un turismo sempre più sostenibile, di tipo ambientale, che trae risorse dalla natura dei luoghi, dalla loro genuinità, dalla preservazione dei caratteri culturali e del paesaggio, possediamo già le coordinate per anticipare i tempi e usufruire così di un modello socio-economico che non potrà che giovare anche a chi sul territorio vive e lavora.
Investire oggi su grandi infrastrutture come quella ipotizzata è quindi fuori dal tempo e rischia di rallentare la conversione ecologica ormai indifferibile, unica garanzia di futuro. Serve incominciare da subito quindi a pensare al trasporto collettivo, principalmente via mare, ed alla disincentivazione del mezzo privato, per proporre una diversificazione dell'offerta turistica, e non in senso elitario e di privatizzazione del territorio (come si sta cercando di fare a Porto Venere), ma invece a favore di chi vuole conoscere il territorio per quello che è, vero e non da cartolina. Un turismo di qualità, intesa in senso ambientale e culturale, per tutti coloro che lo sanno apprezzare, e che sappia anche educare.
Per il rischio rappresentato dall'impianto di Panigaglia quello che serve alla cittadinanza della Costa dei pirati è un efficace e trasparente Piano di emergenza ed evacuazione che garantisca, in caso di pericolo, una veloce via di fuga che, per essere realistica, non può prevedere colli di bottiglia ma deve ricorrere a tutte le possibili direttrici, che siano sia via mare che via terra, anche con l'utilizzo delle aree militari.
Legambiente La Spezia
Associazione Posidonia