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La proposta degli ambientalisti: terminal crociere su Calata Malaspina e Calata Paita libera da infrastrutture In evidenza

Una richiesta anche per la fascia di rispetto.


La situazione del rapporto tra la Città urbana e il porto è sempre stata difficile. Ora però la situazione è, da tempo, peggiorata.
Affrontiamo per esempio due questioni molto importanti, strategiche per il rapporto tra il porto e la città urbana:
1) Il cosiddetto Waterfront;
2) la fascia di rispetto su viale San Bartolomeo in particolare quella della zona Pagliari -Fossamastra.

Waterfront

A questo proposito sarebbe sempre meglio parlare di primo bacino portuale (quello definito cioè dalla calata Paita, calata Malaspina, molo Garibaldi ovest e molo Italia), perché l’unico modo di affrontare seriamente la questione della calata Paita - ossia dove dovrà svilupparsi il principale fronte-mare spezzino - è quello di avere come riferimento una visione d’insieme.
Dopo i dati registrati a più riprese da Arpal e la conseguente crescente preoccupazione per l'aumento dell’inquinamento nella zona di San Cipriano e non solo, ci sembra davvero scellerato perseverare nel voler favorire lo stazionamento contemporaneo di ben quattro (4) grandi navi da crociera. In un mondo dove la questione ambientale sta diventando centrale nel dibattito politico e al tempo stesso trasversale, cioè condivisa dalla gran parte delle forze politiche e sociali, ci sembra davvero irrealistico pensare di occupare altro mare con un nuovo molo come quello previsto a Calata Paita (consumo di mare!).

In una Nazione dove l’attenzione alla memoria, alle radici, sembra godere di un rinnovato entusiasmo (almeno all’apparenza...) ci sembra davvero fuori luogo immaginare di raddrizzare il molo Italia; operazione questa che, peraltro, favorirebbe l'aumento del moto ondoso in caso di forte vento.

Quando ormai quasi tutti ci siamo convinti che nuovi centri commerciali sarebbero un danno al tessuto commerciale spezzino, sarebbe davvero autolesionistico approvare una stazione crocieristica che, com’è ragionevole pensare considerati i dati pubblicati, ospitasse una nuova struttura tipica della grande distribuzione.

Tutto queste scelte, scellerate perché rispondenti ad interessi particolari a danno del Bene comune, si potrebbero accantonare ottenendo migliori risultati per il nostro futuro senza rinunciare alle giuste ambizioni di crescita e sviluppo della nostra comunità.

Noi pensiamo ad un primo bacino senza ulteriori moli e tombamenti e senza dover dunque raddrizzare il molo Italia scongiurando così un carico di inquinamento intollerabile ed un
flusso turistico insostenibile per il nostro fragile territorio, entrambe conseguenze dell'ormeggio contemporaneo di quattro navi. Bisognerà inoltre dare priorità all’utilizzo di energia elettrica fornita da terra, attraverso il cosiddetto “cold ironing” ma questo al più presto!

Noi immaginiamo Calata Paita completamente libera da infrastrutture e a diretto contatto con il mare, finalmente riconsegnato agli Spezzini. Anche in questa ottica la realizzazione del nuovo molo rappresenta una evidente incoerenza con gli interessi e le speranze degli Spezzini. Una maggiore disponibilità di spazi consentirà, se mai, con il risparmio dei fondi destinati al molo crociere, di poter rendere utilizzabili aree ben più vaste di mare, libere e pubbliche, per far così tornare Spezia ad essere una città "di mare" e non solo "sul mare".

Noi pensiamo che si potrebbe progettare la Stazione marittima su calata Malaspina, con una grande rotatoria a San Cipriano, diminuendo cosi l’impatto con il traffico cittadino.

Riteniamo anche che le compagnie crocieristiche vedrebbero con particolare interesse questa pianificazione perché in un mondo ormai basato sulla velocità e sulla rapidità di esecuzione, la nostra proposta avrebbe tempi di realizzazione inferiori a tre anni a fronte di almeno il doppio di quelli necessari per il completamento di quanto appare deciso.

Senza contare che le difficili giornate che abbiamo vissuto proprio un anno fa a causa dei fenomeni meteorologici, sempre più importanti e sempre meno imprevedibili, sconsiglierebbero anche i più ostinati a realizzare ulteriori infrastrutture che tolgano spazi di mare, ma, al contrario, necessari a mettere in sicurezza le navi giganti all'attracco. Se il 29 ottobre 2018 fosse esistito il molo crociere, la nave che ha mollato gli ormeggi sarebbe andata sicuramente a scontrarsi con il molo stesso e le navi ormeggiate, con inimmaginabili danni a persone e cose e con un impatto di inquinamento probabilmente devastante.

Fascia di rispetto (zona Fossamastra ecc.)

Al di là degli interventi previsti nel progetto “Periferie” - che prevede meritoriamente anche la realizzazione del sistema fognario del quartiere - è necessario che prima di ulteriori interventi nel porto sia, come previsto dalla normativa, realizzata la fascia di rispetto portuale. Tale fascia deve essere una fascia di rispetto propriamente detta, non un fazzoletto di spazio largo come una pista ciclabile.
E, a proposito di piste ciclabili, i cinque (5) milioni di euro per il cosiddetto “Miglio blu” potrebbero essere certamente spesi meglio: ad esempio per concorrere alla costruzione di una fascia di rispetto (autentica) attesa da anni per il quartiere. Infatti, riguardo alla zona individuata dal progetto “Miglio blu”, un motivo che ci sembra dirimente per la scelta sul dove e come utilizzare quel finanziamento è che, nella zona di Fossamastra, si affacciano a diretto contatto con il porto decine e decine di famiglie; ed anche l’intervento di “Tarros” deve essere sviluppato prioritariamente anche nella zona davanti alla chiesa in modo da avere uno spazio adeguato, di filtro nei confronti della zona industriale operativa e questo spazio deve essere portato avanti parimenti verso via Valdilocchi: insomma dalla darsena di Pagliari al cavalcavia.

Questo progetto andrebbe infine incontro a quanto richiesto da tempo da associazioni e popolazione, in quanto va ben oltre alla distanza individuata dal Ministero dell’Ambiente, distanza fra le case e le infrastrutture viarie interne al porto che, nel punto più stretto, risulterebbe di circa quaranta metri, prevedendo necessariamente l’abbattimento di una campata di un capannone Lsct.


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