Leggiamo della voglia di reagire, di non chiudere, dei vari tavoli e tentativi delle nostre associazioni di categoria per trovare soluzioni, dialoghi, aiuti per le aziende. Storie decennali che rischiano di essere cancellate senza che le Istituzioni locali si muovano per aiutarle o si fidino di esperti del settore. Sogni di chi ha aperto una attività –investendo denari ed energie- e la vede minacciata dinnanzi ad un vero e proprio immobilismo.
Rete imprese La Spezia e i suoi iscritti è stanca di questo tira e molla: segnalazione di problemi, tentativi di trovare soluzioni e rimbalzi contro un muro di gomma sempre più alto ed insormontabile.
Non sono lamentele, voci, mugugni: parliamo di numeri che ogni giorno, e sempre di più, confermano che la situazione è quanto mai tragica. Parliamo di un buco del 30% di attività operanti sul territorio, quasi un terzo.
Aver perso, in dodici anni, 70 attività che creavano economia e posti di lavoro è un dato allarmante, che nessuna Amministrazione può più nascondere o trascurare. E non si parla di turn-over, ma di chiusure vere e proprie. Chiusure alle quali ha senz'altro contribuito, pesantemente, l'istituzione della ZTL.
In questi anni abbiamo organizzato incontri, abbiamo partecipato a tavoli e non si contano più quelli che abbiamo costruito. Risultato? Nessuna volontà di riconoscere il problema e trovarvi una soluzione.
Nel frattempo gli operatori sono stati costretti a spostarsi, a scappare dalla crisi, ad abbandonare i propri progetti e sogni. E ciò non è giusto.
Avevamo ripresentato la possibilità di uno spostamento temporale della ZTL: i risultati erano stati interessantissimi. Operatori commerciali contenti, turisti felici, analisi dell'inquinamento soddisfacenti. Eppure l'Amministrazione non ha voluto perseguire su questa strada, riportando la chiusura blindata delle frazioni e facendo sì che l'economia risprofondasse.
Rete Italia fa al Sindaco e all'amministrazione comunale, appellandosi ancora una volta alla ragionevolezza e alla concretezza e dando atto che almeno un tentativo si è fatto:
a) Proseguire con le aperture nelle basse stagioni turistiche;
b) Rendere stabili le stesse aperture fuori stagione mantenendo i divieti nel periodo di alta stagione;
c) Trovare così un equilibrio certo, stabile e strutturato, tra le diverse legittime esigenze di attività e di vivibilità.
d) Iniziare a ricostruire la simpatia e l'affetto per una località turistica importante che le chiusure rigide hanno negli anni prima incrinato poi del tutto compromesso.
e) Dare nuova speranza alle imprese e al lavoro fortemente penalizzati dalla lunga recessione ma anche ingiustamente penalizzate da chiusure irragionevoli che possono trovare giustificazione solo nel periodo di alta stagione.
La desertificazione di Lerici e di San Terenzo negli altri periodi, dall'autunno alla primavera, non può essere una risposta alle esigenze di chi lavora ma anche di chi abita nel territorio comunale. Non scambiamo la desertificazione con la tranquillità e con la pace di un cimitero. Dai periodi di apertura trae beneficio, peraltro, anche la stessa macchina organizzativa del Comune alle prese quotidiane con disfunzioni che si ripetono troppo spesso e con la gestione delle eccezioni al divieto di accesso.
Ci sono oggi le condizioni provate per il raggiungimento di un equilibrio tra esigenze delle imprese e del lavoro e esigenze dei cittadini residenti. Sono condizioni dimostrate e a portata di mano, realistiche e avulse da ideologismi, serie e praticabili. In una parola equilibrate.
Richiamiamo tutti alla responsabilità. Non si può parlare di necessità di crescita e di nuovi posti di lavoro, di occupazione giovanile, quando poi nei fatti si pongono illogici (perché non rispondenti a nessuna finalità apprezzabile) lacci alla libertà di impresa e al suo sviluppo. Anzi, è storicamente acquisito che in periodi di recessione le regole (figuriamoci quelle inutili) vanno allentate per lasciare più libertà a chi intraprende, produce e offre lavoro.