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L’Arsenale sta morendo, manca il personale: 687 dipendenti e l’incognita pensionamenti In evidenza

di Gabriele Cocchi – Cgil, Cisl, Uil e Confsal lanciano l’allarme: “Il ministro della Difesa aveva promesso le assunzioni, ma nella manovra non ci sono”.

La definiscono “l’ultima chiamata”. Se il governo non risponderà, l’Arsenale della Spezia sarà inevitabilmente destinato allo stallo, con tutte le conseguenze del caso per l’economia della città.

I sindacati lanciano unitariamente un grido di allarme sul futuro incerto del comparto spezzino della Difesa. Che comprende non soltanto l’Arsenale, ma ben 16 enti che gravitano attorno alla base navale (il Centro di supporto e sperimentazione navale di viale San Bartolomeo e Marifari, ad esempio).

Delle circa 2000 assunzioni a livello nazionale nel comparto Difesa promesse quest’estate dal ministro Elisabetta Trenta (formazione compresa), nella manovra finanziaria del governo Lega-5 Stelle non c’è alcuna traccia.

Se non è una condanna a morte per l’Arsenale, poco ci manca. Senza una massiccia campagna di assunzioni a breve termine, infatti, quello che oggi è un polo manutentivo verrà degradato al ruolo di semplice polo di controllo, a causa della mancanza di personale e del ciclo di pensionamenti alle porte.

“Abbiamo proclamato lo stato di agitazione dei dipendenti del settore Difesa – spiega Franco Volpi, segretario generale Cisl Fp – Avevamo incontrato il ministro Trenta il 19 luglio: ci aveva assicurato che ci sarebbe stato un cambio di tendenza con le assunzioni, soprattutto per gli Arsenali di Spezia, Taranto e Augusta. Ma non abbiamo visto nulla. Avvieremo una serie di iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto tutti i parlamentari liguri, senza distinzioni politiche, sindaco compreso”.

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Attualmente in Arsenale lavorano 687 dipendenti civili fra tecnici e amministrativi (circa 2000 considerando l’intera base navale): una platea che è già sotto organico di 150 unità (circa 600 per tutta la base navale). Età media compresa tra i 57 e i 62 anni. Da qui al 2019, in più, sono previsti 120 pensionamenti. Senza considerare un’eventuale “quota 100”, che – denunciano i sindacati – di fatto dimezzerebbe il personale della base.

“Non c’è chiarezza sul futuro del comparto – sottolinea Daniele Lombardo, segretario generale Fp Cgil – Il piano Brin è l’unico piano organico elaborato negli ultimi 15 anni per il rilancio della base. Sembrava aver trovato il finanziamento, ma nel 2017 e 2018 le risorse non sono arrivate, per cui il piano non è stato nemmeno avviato. In totale sarebbero necessari 100 milioni, quelli stanziati sono 30”.

Inevitabile la rottura dei rapporti sindacali e la proclamazione dello stato di agitazione, che giovedì 20 dicembre si tradurrà in una manifestazione di protesta a Roma, dietro l'hashtag #CambiamentoCercasi. Senza assunzioni mirate, il pericolo concreto è che non ci sia personale qualificato per la manutenzione delle nuove unità navali Fremm.

“È l’ennesima presa in giro da parte della politica – accusa Paolo Cari Rossi, segretario Uil Pa – Il rischio è non rimanga nessuno che vada materialmente ad aprire l’Arsenale”.

“La Difesa è ancora una parte importante dell’economia spezzina – gli fa eco Iliano Calzolari, coordinatore territorale della Cisl Difesa – Con questo andazzo perderà notevolmente la sua forza. Se non si assumono immediatamente dei giovani, inoltre, non ci sarà alcuna trasmissione del know how degli attuali dipendenti”.

La situazione, già oggi, lascia parecchio a desiderare: dal punto di vista tecnologico e infrastrutturale l’Arsenale ha vissuto tempi migliori. Senza investimenti il degrado è assicurato.

“È arrivato il momento che la politica, sindaco in primis, faccia gruppo. Altrimenti ci ritroveremo una base navale con nessun dipendente all’interno”, dice Emanuele Bernardini della funzione pubblica Cgil.

“Le carenze che oggi patisce l’Arsenale – aggiunge Carlo Pietrelli, coordinatore regionale Difesa Cisl – le ritroviamo anche negli altri enti della base navale”.

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