Piuttosto, secondo Confartigianato, le ipotesi avanzate dal Governo dovrebbero essere l'occasione per sciogliere il nodo del canone speciale pagato dalle imprese. Oggi gli imprenditori pagano il canone di abbonamento speciale, con un gettito annuo di 74 milioni di euro, per il possesso di apparecchi atti/adattabili alla ricezione dei programmi radiofonici/televisivi, con qualsiasi mezzo e tecnologia diffusi, in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico e comunque al di fuori dell'ambito familiare.
Un tributo che Confartigianato definisce anacronistico e illegittimo perché rivolto anche ad imprenditori che, oltre a pagare già il canone Rai ordinario, sono chiamati a pagare anche per il possesso di qualsiasi dispositivo che riceve il segnale tv, inclusi i sistemi di videosorveglianza. Come dire che ad un imprenditore basta possedere uno smartphone, un I pad o un impianto antifurto per essere costretto a pagare una somma che può arrivare a 6.000 euro l'anno.
Secondo Confartigianato quella del canone speciale Rai è una richiesta assurda perché vengono 'tassati' strumenti di lavoro che gli imprenditori utilizzano non certo per guardare i programmi Rai. Si tratta di un vero e proprio balzello non più giustificato. La diffusione degli strumenti digitali portatili con l'elevato utilizzo di contenuti on line, che arriva fino al 48,1% del totale della popolazione, rende obsoleta e superata questa forma di prelievo sulle imprese e ne aumenta i costi burocratici.
"A seguito delle nostre proteste – sottolinea il Presidente di Confartigianato Paolo Figoli – nei mesi scorsi numerosi esponenti del Governo si erano impegnati a cancellare il canone speciale pagato dalle imprese. Mi auguro che le ipotesi allo studio del Governo siano l'occasione perché ciò avvenga".