L'Area Fiscale di Confartigianato propone un approfondimento su spese di rappresentanza e spese di pubblicità grazie all'intervento della Corte di Cassazione, con ordinanza del 23 giugno 2014, n. 14252. Non è facile infatti delineare un confine rigido per la corretta qualificazione delle spese di sponsorizzazione nelle categorie fiscali delle spese di rappresentanza da un lato, e delle spese di pubblicità e di propaganda dall'altro: il problema per le imprese esiste perché da tale qualificazione discende una diversa deducibilità ai fini delle imposte sui redditi. "Se qualificabile tra le spese di rappresentanza – spiega Katia Orsetti, Responsabile fiscale di Confartigianato - le sponsorizzazioni risultano interamente deducibili nel periodo d'imposta fino a concorrenza della percentuale del 1,3% dei ricavi (del fatturato).
Diversamente, se qualificabile come spesa di pubblicità e propaganda, il costo risulta interamente deducibile nell'esercizio in cui è stato sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi". Ai fini della deducibilità dal reddito d'impresa delle spese devono comunque essere soddisfatti i principi generali di inerenza (destinazione ad attività da cui derivino ricavi o altri proventi), della competenza, della certezza dell'esistenza del costo. La Corte di Cassazione ha chiarito come distinguere le due categorie dalla verifica nei confronti di un'impresa che aveva classificato l'acquisto di uno spazio pubblicitario, su una vettura partecipante al campionato italiano G.T., come spesa di pubblicità piuttosto che come spesa di rappresentanza. La tesi dei verificatori si fonda sul fatto che lo spazio acquistato sul veicolo, in considerazione della dimensione e localizzazione "non ben visibile" risultava sostenuta per accrescere il prestigio della ditta, piuttosto che per incrementare le vendite, e di conseguenza doveva essere classificata tra le spese di rappresentanza e non di pubblicità. La Corte ha rammentato che sono spese di rappresentanza quelle sostenute "per iniziative dirette ad accrescere il prestigio e l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell'attività svolta". La Corte ha affermato inoltre che il criterio da applicare per classificare il costo nelle due differenti categorie, non deve essere la "gratuità" della prestazione in favore di terzi (tipica delle spese di rappresentanza) ma la "diversità, anche strategica, degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, può farsi coincidere con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società; laddove, per le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto". L'Area Fiscale Confartigianato conclude pertanto con i chiarimenti della Cassazione che le spese di sponsorizzazione rientrano tra quelle di rappresentanza, deducibili nei limiti del 1,3% dei ricavi, in quanto idonee ad accrescere il prestigio dell'impresa a meno che il contribuente non provi che all'attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale. Per informazioni Area Fiscale Confartigianato, tel. 0187.286630-11.