Anni che hanno contribuito a fare della Spezia l'ultima provincia ligure per reddito pro capite e, fatto ancora più grave, ad assimilarla, abbassandola, a una provincia del sud, dove il costo della vita e dei servizi è molto inferiore mentre da noi è al livello delle regioni del centro nord. Non è una novità ma con gli anni questo squilibrio si è andato aggravando a tal punto da emarginarci pericolosamente. Noi nel frattempo, cioè in agosto, abbiamo continuato, come se nulla fosse, a trastullarci con ferie, flussi turistici e crocieristici, sagre di paese, a distrarci insomma con un modello di vita al quale eravamo abituati e dal quale è difficile affrancarci. Le abitudini, si sa, come le tradizioni, fanno parte di noi stessi. Ma purtroppo la realtà ci impone un risveglio che non è dei migliori. Anzi, è fra i peggiori. Svanita l'illusione di mezza estate siamo dunque nuovamente catapultati, volenti o no, in un campo di gioco impervio. Torniamo ora alla realtà richiamati alla voce da una economia sempre più in crisi, e lo stato di deflazione lo certifica ancora di più, dovendo intanto constatare una riduzione stagionale dei flussi turistici e del loro apporto economico, al di là di un combinato disposto di cause collaterali, dal tempo al mare, agli allarmi igienici, che hanno giocato un ulteriore danno, compreso, e non è poco, quello di immagine.
Della drastica riduzione dell'apporto economico dei flussi turistici abbiamo detto. Ma ad essa si aggiungono, tra gli altri, almeno altri due fattori, entrambi conseguenza di scelte governative, che avranno un ulteriore impatto negativo sul nostro territorio. Il primo è il drastico trasferimento e l'accentramento a Roma dei centri direzionali della società Oto Melara nell'ambito della ristrutturazione di Finmeccanica. Il secondo è l'assenza, nel piano delle grandi opere su cui il governo punta nell'immediato, di quelle infrastrutture necessarie da sempre per la competitività dell'economia del nostro territorio: la Pontremolese e la Direttrice Tirrenica sia stradale che ferroviaria. Annotazione ai margini: si realizza l'alta velocità ormai in ogni paesino e la nostra dorsale è ancora rimasta ai Freccia Bianca. Sorge a questo punto il dubbio, senza dover pensar male, che La Spezia conti sempre meno sia sul piano politico sia sul piano strategico e per la sua dimensione imprenditoriale critica e comunque perché sempre e soprattutto schiacciata da una grande realtà come Genova.
E qui le stucchevoli guerre di campanile non c'entrano: c'entrano invece ruolo e meriti di un capoluogo regionale che si occupa solo di se stesso. E così da territorio marginale, concetto caro al professor De Rita (Censis) pronto, insieme agli altri, a giocare tutte ma proprio tutte le sue carte, come è accaduto con l'economia del mare, subiamo l'ulteriore declassamento a territorio dimenticato, superfluo. Quasi un peso, alla stregua appunto delle città del sud, senza retorica e senza complimenti. Risultato? Da territorio marginale diventiamo territorio emarginato. Allora la nostra provincia deve essere in grado di giocarsi il proprio futuro guardando verso altri bacini? E' forse giunto il momento di rivedere seriamente i confini regionali? Occorre forse semplicemente riconoscere che il nostro golfo rappresenta il naturale terminale a mare di una gran parte della bassa padana?
E' forse giunto il momento serio di guardare a quella regione naturale che comprende Spezia-Massa-Lunigiana-Parma ed oltre? Queste riflessioni derivano dalla considerazione che dal 1992 (anno della crisi Efim) il nostro territorio, che era stato destinato da Roma alla presenza massiccia di aziende statali, a un modello di difesa tra i principali in Italia, alla presenza ingombrante di altre aziende nazionali come Enel e Snam, si è visto progressivamente sottrarre l'esistente senza sostituirlo con altre funzioni o aziende per i nuovi mercati.
Oggi, in presenza del progressivo e continuo contenimento della spesa della Difesa e quindi del bilancio della Marina Militare, assistiamo all'ultimo atto, più da indolenti che da rassegnati, cioè senza neppure un moto di naturale preoccupazione, allo spostamento a Roma del centro direzionale di Oto Melara che da brillante società autonoma, con sede alla Spezia, si perderà nei meandri di una Divisione di Finmeccanica. Ebbene, questo è un fatto gravissimo per la città e per il territorio, un fatto che prova ancora di più l'impotenza dell'intera nostra classe politica e dirigenziale. E non illudiamoci che il turismo e le crociere possano sostituire quella parte trainante dell'economia. Il turismo è un fattore economico serio e importante ma, come si è dimostrato in questo anno, è fragile. Il nostro è per di più un paniere sempre più squilibrato: è carente di manifatturiero ed è sovrabbondante di terziario. Le proporzioni e i conti non tornano e di questo passo, torneranno sempre meno. Che cosa fare? Basta sfuggire alla realtà. Bisogna battere l'indolenza e la rassegnazione, ritrovare la capacità e la forza di reagire, la voglia di discutere serratamente, di non farci addormentare nel conformismo e nell'ignavia. Altre volte è accaduto, ora dovrebbe accadere di più. Inserirci nella domanda di riforme decisive a livello nazionale (fiscale e costo del lavoro in primis) per rivendicare insieme un futuro alla nostra città che è ormai tagliata da ogni intervento strutturale, lasciata alla deriva in un mare in tempesta. Al sindaco Massimo Federici, che ci spronava tutti a collaborare, dico oggi, alla luce dei principi di realtà, che si definiscano subito i temi sui quali lottare tutti insieme. Ma che i temi siano quelli importanti e strategici per il nostro futuro, non quelli di corto respiro".