A seguito della segnalazione della costruzione di un grosso capannone lungo le sponde del Fiume Magra, una domanda ci è sorta spontanea. Come coniugare lo sviluppo economico del territorio e la salvaguardia dell’ambiente?
La nuova struttura che sta sorgendo colpisce all’occhio e risulta ben visibile anche a lunga distanza, spiccando nettamente rispetto all’ambiente circostante.
"Del nuovo capannone industriale stupisce prima di tutto l'elevazione, del tutto sproporzionata rispetto al contorno – fa presente Legambiente - che lo rende visibile da qualsiasi punto della valle, una struttura che crea oltretutto un precedente preoccupante: se è stata approvata la costruzione di un capannone di tali dimensioni, forse c’è un vulnus normativo che a nostro avviso andrebbe sanato".
"Come minimo – prosegue Legambiente - si dovrebbe prevedere un'ambientalizzazione, in modo da ridurne l’impatto. Anche solamente dal punto di vista paesaggistico tale intervento a nostro avviso non è accettabile".
Per avere un quadro chiaro della situazione, abbiamo contattato l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Sarzana, Carlo Rampi, che ci ha spiegato che il progetto è stato approvato in Consiglio comunale all’unanimità. “Tutte le forze politiche si sono trovate d’accordo nel dare seguito alla richiesta di costruzione del capannone – evidenzia Rampi - necessario per permettere al cantiere di poter realizzare imbarcazioni più grandi e soddisfare le richieste dei clienti con cui hanno attivato importanti commesse”.
Le imbarcazioni di nuova generazione sono caratterizzate da un dimensionamento più grande rispetto alle precedenti e richiedono uno spazio di produzione più ampio. L’Assessore ci ha spiegato, inoltre, che il progetto ha ricevuto parere positivo da parte di tutti gli enti preposti.
“L’area è particolarmente delicata, però qui stiamo parlando anche di un interesse strategico – ha aggiunto Rampi - Le prescrizioni del progetto ‘conditio sine qua non’ sono tutte legate alla mitigazione del rischio idraulico e alla protezione della delicatezza del luogo vista la possibilità di esondazione del Fiume Magra. Il progetto è stato più volte rimaneggiato per la complessità del luogo dal punto di vista fluviale”.
L’intervento ha previsto un investimento importante, ed è stato realizzato per poter permettere lo svolgimento delle attività legate ad una grossa commessa della Marina Militare Italiana, che porterà con sé numerosi inserimenti lavorativi e circa una decina di anni di lavoro assicurato. L'investimento sarà di oltre 60 milioni di euro per le opere da realizzare e la commessa supera i 2 miliardi e mezzo di euro, al netto di probabili esportazioni verso l'estero. Un importante capannone era già presente ed è stato demolito per fare spazio a questa nuova costruzione.
“Un intervento strategico e di sicurezza nazionale – prosegue Rampi - il rilancio della produzione navale italiana di lotta alle mine, dove eravamo fino a 20 anni fa all’avanguardia, poi siamo passati in sofferenza. Ora con questa nuova produzione, stiamo parlando del top della produzione italiana, di un intervento strategico di rilancio industriale non solo della provincia, ma direi nazionale”.
“E’ un intervento che sicuramente ha un impatto a livello di skyline – aggiunge Rampi - ma dal punto di vista dell’impatto ambientale sono stati rispettati tutti i canoni di sicurezza e di mitigazione dell’impatto idraulico. Sicuramente si potranno studiare soluzioni di ambientalizzazione e mitigazione dell’impatto visivo, ovviamente se possibili. Perché in quella zona esondabile, a volta anche piantare un albero non è sempre possibile, perché in caso di fuoriuscita dagli argini del fiume, potrebbero essere pericolosi. Ad esempio, per questo stesso motivo – conclude Rampi - non abbiamo potuto autorizzare la realizzazione dei parcheggi nei pressi del capannone, perché le auto diventano schegge impazzite in caso di esondazione. Quindi per la realizzazione dell’opera, non sono stati fatti sconti dal punto di vista del rispetto delle norme”.
Il Direttore del Parco Montemarcello-Magra ci ha fornito ulteriori dettagli, evidenziando che indubbiamente l’intervento ricade in area Parco, ma secondo la zonizzazione, rientra nell’ambito dell’articolo 71 delle norme tecniche di attuazione del Piano del Parco, redatto nel 2001, e quindi in una cosiddetta “area industriale e di sviluppo delle attività produttive perifluviali”.
“Il Piano del Parco non detta disposizioni assimilabili al divieto assoluto di costruzione – spiega Federico Marenco - si parla di un parco antropizzato, con problematiche socio-economiche legate a insediamenti lungo il fiume precedenti alla creazione dell’Ente. Nel momento in cui è stato necessario predisporre una pianificazione, il Parco stabilì che in certi distretti ci fosse una zonizzazione conforme alle attività in atto precedentemente alla sua fondazione”.
“L’articolo 71 cui è assoggettato quell’ambito territoriale – prosegue Marenco - prevede quindi che siano aree di sviluppo delle attività produttive perifluviali. Dal punto di vista della tutela dell’habitat e della biodiversità, quindi, per quanto riguarda l’applicazione della direttiva ‘Habitat’ delle norme europee sulle zone speciali di conservazione di interesse comunitario, quella zona è fuori da qualsiasi area di conservazione”.
Marenco ha sottolineato che il procedimento si è concluso con un permesso a costruire in deroga rilasciato dal Comune di Sarzana, tramite l’acquisizione del nullaosta del Parco che “attraverso la mia persona, ha verificato che l’intervento proposto fosse conforme alla previsione di Piano e in particolare all’articolo 71”.
“Il permesso di costruire in deroga – aggiunge Marenco - il Comune di Sarzana lo ha rilasciato sulla base dei pareri della Difesa del Suolo della Regione, dell’Autorità di Bacino del Magra e dell’autorizzazione paesaggistica che ha rilasciato la stessa Commissione Locale per il Paesaggio. In questo procedimento complesso, il Parco è stato chiamato ad esprimersi attraverso il potere di nullaosta, che è stato rilasciato da me direttore, sulla base della valutazione che hanno fatto i nostri uffici tecnici, che l’intervento proposto rientrasse nell’armonia del Piano del Parco. Se si fosse trattata di una zona protetta – conclude -non avrei potuto dare il nullaosta”.
Legambiente conclude dicendo che “se il capannone verrà ultimato, si dovrebbe almeno chiedere che venga dismesso o dimezzato in altezza una volta che la commessa fra dieci anni sarà conclusa. Inoltre, ci chiediamo anche se le dimensioni dei nuovi navigli, comporteranno un ulteriore dragaggio del Magra, il che potrebbe rappresentare un impatto da valutare accuratamente”.