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Il settore edilizia prima e dopo la tempesta COVID-19 (seconda parte) In evidenza

di Anna Mori – Prosegue l'intervista della redazione alle Associazioni di Categoria e sindacati, dove parliamo delle difficoltà attuali a reperire personale nel settore edilizio.

L’edilizia ha subito gli effetti della pandemia, che per questo settore hanno portato per certi versi ad una crescita. Per approfondire questo aspetto, la redazione ha incontrato Cristiano Lavaggi, presidente Cassa Edile, Simone Babbini, Dirigente Sindacale UIL, Mattia Tivegna, Segretario Fillea CGIL, Davide Grazia, Filca CISL, Alberto Bacigalupi, presidente ANCE e Paolo Faconti, Direttore ANCE. Dopo la prima parte dell'intervista, pubblichiamo oggi la seconda parte, dove abbiamo chiesto perché attualmente è difficile trovare personale qualificato nel settore edile.

CRISTIANO LAVAGGI: Non è difficile trovare personale in edilizia, è difficile trovare personale in generale in tutti i settori. Questo è il dato che ci arriva palese, perché l’edilizia è un settore, ma la nostra provincia che vive anche di turismo, soffre tantissimo la ricerca di personale qualificato. Manca personale formato, che possa entrare in cantiere conoscendo le regole di sicurezza. Il tema del personale è ampio, in tutta la Regione. I fattori sono diversi: in Cassa Edile abbiamo provato ad analizzare il fenomeno, anche con dati: nel 2010-11 contavamo 979 imprese e 4166 operai. Nel 2021-22 779 imprese, nel mezzo c’è tutta la crisi, dal 2018 inizia a riprendere il settore e lo vediamo dalle iscrizioni delle imprese, 779 nel 2021, con 4300 operai, quindi più rispetto al 2010-2011. Meno aziende hanno più operai: la media nel 2010 era 4,25 operai ad azienda, 5,15 oggi. Questo non vuol dire che sia facile trovare personale: un po' c’è la scarsa propensione dei giovani ad avvicinarsi al settore ed è un tema che con ANCE ne abbiamo sempre parlato. Questo deriva da retaggi culturali trasportati dai genitori che spesso vogliono il figlio laureato, in un ufficio, in banca, manager. Ci si avvicina sempre meno ad un settore dove notoriamente ci si sporca le mani, ma non è solo questo: è un settore dove c’è anche molto studio, con architetti, ingegneri, geometri che sono figure altrettanto importanti. Ma la vera necessità oggi sono gli operai: gli anziani stanno andando in pensione, il ricambio generazionale non è semplice, oggi ci sono meno giovani. Manca una cultura da parte dell’imprenditore a fare avvicinare i giovani al settore, si guadagna più in edilizia che in metalmeccanica, eppure questo settore è considerato a torto un settore dove si lavora tanto e si guadagna poco. Condivido quanto detto da Paolo Faconti: se si inserisce una misura come il 110%, con tanta richiesta di manodopera per un grande carico di lavoro in poco tempo, si drenano figure dappertutto. Quindi, vengono assunte anche figure che non sono preparate, come ad esempio succede nel turismo con profili stagionali senza esperienza. Quindi tanta improvvisazione. Ma se non c’è personale si prende chi arriva. Abbiamo una percentuale elevata di extracomunitari nel settore, sempre meno sono gli Italiani che si avvicinano all’edilizia. Non c’è una risposta univoca a questa domanda, ma per essere esaustivi si devono toccare diversi argomenti. Le parti sociali, il Comune, la Provincia, la Regione dovrebbero prendere seriamente in considerazione una misura premiante per chi assume: oggi la norma in vigore prevede pochissime agevolazioni e molte problematiche a livello gestionale per un datore di lavoro.

SIMONE BABBINI: L’elemento fondamentale è stato quello della grande ricerca di personale che ha determinato un picco di domanda che non può essere immediatamente soddisfatto. L’altro elemento fondamentale, è vero che non si trova personale, ma soprattutto non si trova personale specializzato. E’ vero che sia adeguatamente formato, per fare lavori più complessi, non il manovale che si riesce a trovare abbastanza facilmente perché comunque l’edilizia è un settore che a livello retributivo, tenuto conto che siamo il paese con i più bassi redditi in Europa e considerando anche la relatività italiana, è un settore con una retribuzione buona. Ci sono forti tutele e garanzie sindacali. Non è un problema trovare la persona non specializzata, ma quella specializzata. La persona non specializzata la troviamo anche a livello di immigrati, quindi l’immigrazione ci viene in aiuto. Ma quando si fanno politiche di aumento della domanda, bisogna programmare: se si decide di sostenere un settore, bisogna capire anche quali persone andranno ad occuparsi dei lavoratori. Abbiamo strutturato una scuola che insegni agli stranieri una lingua e agli Italiani una formazione? No. E’ quindi logico che la conseguenza non può essere che questa: non ci si avvicina al settore, quindi, non per mancanza di reddito, ma per mancanza di formazione. Non c’è una formazione adeguata a livello di scuola che consenta di formare e quindi le aziende non trovano personale qualificato, trovano manovali, che spesso non conoscono nemmeno l’italiano.

MATTIA TIVEGNA: E’ chiaro che il tema della ricerca dell’occupazione si lega solidamente al tema della formazione. E’ un tema trasversale, interessa diversi settori: l’edilizia, il settore metalmeccanico, il terziario, la nautica, è proprio una fase dove si fa fatica. Si lega anche strettamente ad un opera culturale, di abbattere muri e pregiudizi: “O studi o fai il muratore”. Sono concetti antiquati: oggi l’edilizia ha elementi di specializzazione, di innovazione tecnologica, ha un fattore di reddito non da poco, perché è uno dei contratti che prevede paghe di tutto rispetto. Sarebbe necessario fare un lavoro di concerto tra Sindacati, Parte Datoriale, Enti Bilaterali, Agenzie Formative parlando alle famiglie, una delle parti in causa, parlando ai giovani, per far passare il messaggio che è un settore che dà opportunità di occupazione che va dalla parte pratica di cantiere, all’alta specializzazione. Guardando ai giovani e immigrati: dobbiamo ragionare sul fatto che l’immigrazione è inarrestabile e vede numeri importanti, dobbiamo vederla come una risorsa che va indirizzata. Stiamo ragionando con la Prefettura per dare attuazione al Protocollo con il Ministero dell’Interno che riguarda i lavoratori in stato di fragilità, i rifugiati politici, che scappano dai loro territori: abbiamo già fatto alcuni incontri, devo dare un plauso alla Prefettura che è stata rapidissima nel convocare sia l’incontro di attuazione che quello con gli operatori che si occupano dell’accoglienza per mettere a fattor comune le esigenze del settore dell’edilizia, per indirizzare i rifugiati sia alla parte della formazione professionale, sia alla scuola di italiano, per imparare la lingua. E’ un tema che si lega a tanti aspetti sociali del territorio. E’ importante utilizzare gli organi di formazione: abbiamo la Scuola Edile e si sta formalizzando anche un accordo con l’ITS che è quell’organo di formazione superiore, anello di collegamento tra il diploma e la Laurea. Stiamo facendo un progetto, coinvolgendo anche gli Enti Bilaterali, per dare una sede all’ITS e chiedere che strutturi una serie di corsi per andare a formare proprio quelle figure che fanno sempre parte del comparto edilizia, ma che appartengono ad un profilo più alto, perché anche di queste c’è carenza. L’opera è da fare a 360°: comunicazione, informazione, indirizzo e di avvio alla formazione per creare una cultura del lavoro tale che permetta a questi settori di reperire nuovamente il personale che serve.

DAVIDE GRAZIA: Il personale qualificato è difficile trovarlo perché è occupato e sta lavorando. Le aziende devono essere brave a credere nei giovani. Purtroppo troppe aziende non hanno il coraggio e la voglia di aspettare i ragazzi giovani. Ci sono tanti ragazzi che hanno voglia di entrare nel settore delle costruzioni, ma troppo spesso le aziende chiedono una formazione già avviata, pretendono un ragazzo giovane già formato. E’ difficile, oppure provieni da una famiglia con genitori o nonni che avevano già un’impresa. Ci siamo fortemente interrogati per un lungo periodo sul contratto provinciale: insieme al presidente Bacigalupi e al direttore Faconti, praticamente abbiamo costruito un contratto provinciale firmato a maggio, costruito sui giovani, puntando fortemente su di loro, mettendo a disposizione gli Enti Bilaterali, la scuola in primis, per formare i ragazzi e andare a cercarli nelle proprie “comfort zones”. Dietro c’è il progetto GOL, una conseguenza di incontri avuti per cercare di avvicinare le famiglie dei ragazzi spezzini, quelli che abbandonano gli studi prematuramente, ma che hanno delle ambizioni. Cerchiamo di far capire ai giovani che deve essere un orgoglio lavorare in questo settore e che non è l’ultimo. Costruire case non è semplice, quindi abbiamo fortemente voluto la formazione per i giovani, un obiettivo che ci siamo prefissati e che dobbiamo riuscire a raggiungere. Con l’Ente Bilaterale e la Cassa Edile abbiamo rivisto le prestazioni, diamo degli incentivi forti e importanti sempre per la formazione dei giovani, perché spesso le aziende non investono sulla formazione dei propri dipendenti. Il problema è anche un altro: i figli degli imprenditori avranno la capacità di dare una continuità alle imprese storiche del nonno e del papà? E’ una domanda che mi pongo spesso ma alla quale non so rispondere. Spesso si vedono imprese storiche chiudere perché non hanno una continuità, non per mancanza di lavoro.

ALBERTO BACIGALUPI: La ricerca del personale è problematica per tutti i settori italiani: dal turismo, alla ristorazione alla navalmeccanica, all’edilizia, è un problema generale. Per alcuni versi è sconcertante perché non abbiamo capito fino in fondo: se consideriamo che ci sono decine di migliaia di ragazzi che non hanno lavoro e non lo cercano, i NEET, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona, oppure ci sono modelli a cui questi ragazzi fanno riferimento che non sono sovrapponibili al mondo del lavoro reale, alla fatica, all’impegno quotidiano. E quindi c’è qualcosa di anomalo che sta in qualche modo inquinando la nostra comunità da questo punto di vista. Noi come settore subiamo gli stessi effetti con qualche elemento in più. Veniamo da una decina, quindicina di anni di crisi tremenda che non ha alimentato l’immaginario collettivo di un settore che può rappresentare una prospettiva di vita di un lavoratore. Lo è stato per decenni dal dopoguerra fino ai primi anni della crisi, intorno al 2010, poi questa mentalità non è stata più alimentata proprio perché era un settore in grosse difficoltà. Dobbiamo recuperare questo, è un’operazione molto lenta, è necessario seminare oggi per avere risultati tra qualche anno. Dobbiamo interagire con le famiglie, far vedere che il mondo del nostro lavoro non è solo pura fatica, con cibo consumato sui marciapiedi, ma è un settore che si è evoluto: i mezzi meccanici, oggi, sono computer viaggianti, quindi il lavoratore deve essere portato a conoscenza di questa questione. Le tutele sono elevate, il nostro settore è ben pagato, molto più di altri, è tutelato a livello nazionale, ma anche da forme di welfare territoriale: abbiamo fatto accordi per sostenere il lavoratori con elementi integrativi rispetto a quelli che hanno già. Abbiamo elementi di incentivazione per l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani, dobbiamo avere la capacità di dirlo. Dobbiamo anche essere bravi a dire che il lavoro in edilizia è bello, che spesso è di fatica è vero, ma è variegato, ogni giorno è diverso dall’altro, un lavoro che in qualche modo può essere nell’aspettativa dei giovani che in qualche modo vogliono entrare in questo settore. Aggiungo che la necessità di lavoro è a tutti i livelli, bassi, medi e alti, mancano tutte le figure. Il rischio di continuità aziendale lo vedo sia nel passaggio intergenerazionale, ma anche nella mancanza di personale.

PAOLO FACONTI: Questo è uno dei temi più complessi che il mondo delle imprese e delle organizzazioni sindacali dovranno affrontare nei prossimi anni. Dobbiamo partire da un dato: noi stiamo vivendo un inverno demografico, questo è il dato di fondo. E questo inverno demografico ad oggi non dà segnali di andare verso la primavera, quindi non potremo che peggiorare la situazione. Il nostro sistema non è pensato per far si che le famiglie possano fare più figli, questo è superiore al nostro intervento. Abbiamo un interesse comune: che ci siano aziende, che le aziende abbiano personale, che il personale lavori in un luogo adeguato e più sicuro possibile. Nel contratto integrativo provinciale abbiamo inserito novità importanti a favore dei lavoratori, e forse tra i primi in Italia, perché c’è una visione comune sulla necessità delle aziende di avere personale qualificato, siamo d’accordo sull’importanza della formazione. Come Scuola Edile e Parti Sociali ci impegneremo molto sul tema dell’orientamento al lavoro, dobbiamo anche recuperare un gap di immagine sulle famiglie, non sui ragazzi. Un ragazzo a 17-18 anni non ha l’aspirazione di andare a fare l’operaio edile, probabilmente nessuno di noi avrebbe avuto a quell’epoca una tale aspirazione. Ma ci deve essere una coscienza nelle famiglie e nei professori, che sono i primi orientatori al lavoro. Stiamo sviluppando come Parti Sociali un processo di orientamento al lavoro diretto ai ragazzi, parlando loro nella cosiddetta “comfort zone”, ma anche ai genitori. Perché effettivamente il settore delle costruzioni negli anni è cambiato. E’ un settore che dà buona occupazione, ottimi livelli di retribuzione, contrariamente ad altri. Abbiamo la responsabilità di non aver lavorato sull’immagine dell’operaio edile. Se pensate che la televisione e le trasmissioni su tutte le reti di cucina hanno trasformato il lavoro del cuoco in un lavoro ambitissimo. Come Scuola Edile e Parti Sociali, siamo impegnati in un percorso teso a valorizzare l’immagine dell’operaio edile facendo capire ai ragazzi che fare questo lavoro non vuol dire essere l’ultimo anello della catena dei lavoratori. Ci stiamo impegnando insieme anche sul tema dell’integrazione: abbiamo una percentuale elevata di lavoratori non italiani. Con Sua Eccellenza il Prefetto stiamo sviluppando dei processi di integrazione dei richiedenti asilo tramite i nostri Enti di Gestione Paritetica, tramite la Scuola Edile. Abbiamo iniziato il percorso di collaborazione con ITS facendo anche dei sacrifici come Parti Sociali perché capiamo che le aziende hanno bisogno di personale, ma che deve essere formato e deve poter dialogare all’interno di un cantiere multietnico. Quindi un percorso importante: il dato è che comunque se da una parte abbiamo pochi italiani, dobbiamo avere la capacità di saper parlare ai cittadini italiani, ma dobbiamo avere la capacità di saper parlare anche ai cittadini non italiani e attivare questi processi di integrazione mettendoci anche la faccia come Associazione. Come sempre ci potrebbero essere soluzioni più semplici, perché parlare di integrazione apre tutto un mondo complesso, e ritorniamo al numero delle aziende. Lavaggi citava il numero di aziende presenti sul territorio: ora dobbiamo iniziare a pensare che aziende con una media di cinque dipendenti in un contesto economico che va verso un sistema economico europeo non va bene, ma dobbiamo iniziare a pensare che il legislatore nazionale debba porre dei rimedi per far si che le aziende debbano avere un minimo di struttura. Perché se ci fossero meno aziende, il numero dei dipendenti totali del settore non cambierebbe e anche le aziende più strutturate avrebbero più mercato e meno difficoltà di lavoro.

 

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