Il nuovo DPCM, varato con l'obiettivo di contenere la diffusione del Coronavirus, rischia di dare il colpo di grazia a molte imprese e costringerle alla definitiva chiusura.
È il grido d'allarme lanciato da Confcommercio Imprese per l'Italia La Spezia, molto critica nei confronti del Decreto e fortemente preoccupata per quelle che possono esserne le conseguenze.
Le prime si rischia di vederle già in questi giorni per le strade e nelle piazze, dove si stanno ripetendo manifestazioni che, a causa di infiltrazioni, sfociano non di rado in risse e devastazioni. Manifestazioni dalle quali Confcommercio prende, ovviamente, subito le distanze, come sottolinea il Presidente dell'associazione spezzina Gianfranco Bianchi: “Mai in passato si è verificata una cosa simile, tante piazze sono luogo di preoccupazione e teatro di manifestazioni. Condanniamo ogni atto di violenza e stiamo cercando di non partecipare a presidi o cortei per i quali ci siano sentori di scontri. Prendiamo le distanze da tutto questo. Capiamo invece le proteste pacifiche, perchè è davvero massacrante fare impresa in queste condizioni. E attenzione, a una prima lettura sembra che le proteste siano portate avanti da chi opera nel settore della ristorazione e del turismo, ora anche della cultura, ma non è così. Non ci sono solo queste categorie”.
Le conseguenze più pesanti del DPCM, però, ovviamente, al di là degli scontri di piazza a volte strumentalizzati da frange di estremisti che nulla hanno a che vedere con chi protesta per salvare la propria impresa, le si avranno a lungo termine, sull'intero tessuto economico, non solo su quello direttamente colpito dalle misure governative.
È questo un altro degli aspetti ribaditi dal Presidente di Confcommercio La Spezia Gianfranco Bianchi che sottolinea come quello che sta succedendo ora vada letto inserendolo nel più ampio contesto di tutta l'emergenza Coronavirus e guardandolo in prosecuzione a quanto accaduto nella Fase 1.
“Il lockdown – afferma Bianchi - ha minato la resistenza delle imprese, con 68 giorni di chiusura coatta per i quali è stato rimborsato il 7% della perdita di fatturato. Questa seconda fase non è stata preparata in modo attento e crea più allarme della precedente perché si innesta in una situazione già malata. Si rischiano moltissime chiusure”.
Tutto il settore del commercio, quindi, arriva da un periodo in cui è stato fortemente debilitato e ora rischia di non farcela: questa la paura di Confcommercio, che teme che il nuovo DPCM possa essere il colpo di grazia per molte attività.
Un DPCM così fortemente contestato da fare ritenere meglio persino un nuovo lockdown.
Spiega Bianchi: “Stiamo assistendo ad un lockdown camuffato. Sarebbe stato più onesto farlo totale, in modo da non colpire così fortemente solo certe categorie e in modo da dare poi la possibilità a tutti di accedere ai ristori. Per il Governo però così è più comodo su questo fronte, perché ora ai ristori potranno accedere solo le categorie direttamente colpite”.
Meglio quindi un nuovo lockdown? Il Presidente Bianchi non ha dubbi: “Noi siamo per la chiusura totale per il tempo necessario. Siamo fortemente contrari alla soluzione attuale che penalizza direttamente alcune categorie, ma indirettamente le penalizza tutte.
L'obiettivo di ridurre la mobilità e le situazioni di potenziale assembramento andava raggiunto con una chiusura totale. Se non si voleva chiudere tutto, allora si dovevano pensare misure diverse, per dare modo comunque alle attività colpite di sopravvivere: pensiamo, ad esempio, alla chiusura per i bar non alle 18.00 ma alle 20.00 e per i ristoranti alle 22.00".
La richiesta quindi, stante la situazione attuale e le misure varate, è che siano parzialmente riviste per fare “respirare” molte attività.
Le richieste di Confcommercio sono:
- rivedere gli orari per i locali pubblici, allungandoli sino alle 20 per i bar e pasticcerie e alle 22 per ristoranti e pizzerie;
- apertura di cinema e teatri;
- prevedere il ristoro a fondo perduto per le imprese direttamente e indirettamente penalizzate;
- prevedere misure e strumenti per spostare il debito delle imprese, mutui e finanziamenti inclusi, a lungo termine con taglio (saldo e stralcio) alle cartelle esattoriali;
- evitare fallimenti, creando bad company in cui far confluire le imprese, accompagnandole nel percorso di ripresa, di innovazione e di risanamento.
Queste ipotesi di modifica del DPCM potrebbero, secondo Confcommercio, permettere alle imprese di lavorare e sopravvvere, nel rispetto di tutte le norme anti-contagio, e compatibilmente anche con la riduzione complessiva di spostamenti, mobilità e assembramenti, e nell'immediato porterebbero ad alleviare la tensione sociale e le proteste di piazza.
Anche perché, ipotizza Bianchi, la situazione non si risolverà in tempi brevi: “La fase critica temiamo non finirà a novembre ma si trascinerà fino alla prossima primavera. Saremo quindi chiamati a un lungo periodo di grave crisi per la quale troppe imprese chiuderanno, con conseguenti problemi e ricadute sociali. Le stime del nostro centro studi prevedono solo per i pubblici esercizi la chiusura di 50 mila imprese e 300 mila posti di lavoro in meno e per il settore abbigliamento e calzature si prevede la chiusura di 20 mila imprese e la perdita di 50 mila posti di lavoro. Dati che non lasciano tranquilli”.
"In questi mesi ci giochiamo il futuro del nostro Paese - conclude Bianchi - di tutta l'economia, non solo di certi settori e neppure di certe categorie. In gioco c'è l'economia nel suo complesso e tutti saranno colpiti dalla crisi se non la si argina. Non ci sono categorie senza protezione e categorie iperprotette, come può sembrare oggi. Domani, se le cose non cambiano, la crisi travolgerà tutti".
LO SCENARIO CON LE ATTUALI MISURE
Le restrizioni previste dall’ultimo provvedimento del Governo rischiano di causare un’ulteriore perdita di consumi e di Pil di circa 17,5 miliardi di euro nel quarto trimestre dell’anno, concentrata negli ambiti della ristorazione e del turismo, della convivialità e della ricreazione in generale, dei trasporti e della cura della persona, portando a una riduzione complessiva dei consumi nel 2020 ad oltre 133 miliardi di euro rispetto al 2019 (-12,2% in termini reali). La caduta della spesa presso gli alberghi supererebbe il 55% e quella presso la ristorazione si avvicinerebbe al 50%.
Sono i calcoli sugli effetti del nuovo Dpcm realizzati da Confcommercio, secondo cui siamo di fronte a “uno scenario drammatico nel quale questa seconda fase di lockdown ‘parziali’ produrrà inevitabilmente ulteriori e gravissimi danni, con il rischio di una caduta del Pil per l’anno in corso ben superiore al 10%, la cessazione dell’attività di decine di migliaia di imprese e la cancellazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro.