Il trading online sta vivendo un periodo felice: il numero dei nuovi utenti cresce anno dopo anno mentre guide, materiali di formazione e account demo stanno migliorando notevolmente il rapporto tra investimenti proficui e quelli fallimentari.
Tra i principali motivi sottostanti alla fortuna registrata dal trading online vi è il fatto che esso rende accessibile a tutti i portafogli la possibilità di accedere al mercato finanziario: non solo non sono più richiesti capitali ingenti per poter registrare profitti degni di nota, ma anche viene aggirato l’ostacolo delle commissioni da pagare alle banche, le quali gravavano ancor di più sulla liquidità iniziale necessaria.
Prima dei CFD
Prima dell’introduzione dei CFD, o Contratti Per Differenza, i trader avevano dinanzi a sé due scelte, quella di investire direttamente sulle azioni e quella di ricorrere ad altri strumenti finanziari, i più famosi dei quali, i CDO, proprio per la loro inaffidabilità, si sono mostrati essere una delle cause principali della crisi dei subprime del 2008/2009.
Investire direttamente in azioni, ovvero divenire azionista di una o più società, comporta una spesa iniziale assai ingente (si parla di una liquidità iniziale minima di svariate centinaia di migliaia di euro) proprio in quanto solo su grosse quantità di azioni i dividendi societari riescono a rendere profitti considerevoli. Spesso i dividendi, infatti, ammontano a centesimi o decine di centesimi per azione, dinanzi ad un costo per azione che si aggira in media intorno alle centinaia di euro: risulta essere lapalissiano che per trarre profitto bisogna mettere in campo capitali ingenti fin dal principio!
Gli strumenti finanziari, dal canto loro, hanno raggiunto livelli di affidabilità degni di nota unicamente dopo che la crisi del 2008 ne ha mostrato il potenziale distruttivo, specialmente in caso di una gestione irresponsabile degli assets sottostanti che li compongono, come proprio nel caso dei CDO.
Il trading online e i CFD
Il trading online deve gran parte del proprio appeal e del proprio successo proprio all’invenzione dei CFD: si tratta di un contratto con il broker, la piattaforma che svolge funzioni di intermediario finanziario, per il possesso di uno strumento, il CFD, che replica la quotazione dell’asset, sia esso un’azione, una coppia di valute (Forex) o una materia prima. Il trader non possiede direttamente l’asset ma acquista una porzione (solitamente dal 5% al 10%) di indebitamento del broker nei confronti dell’asset sottostante che viene riscattato successivamente. La porzione di indebitamento del broker acquistata dal trader, proprio perché immediatamente collegata all’asset sottostante, ne rispecchia a pieno l’andamento, le quote di vendita e di acquisto, solo a prezzi minorati.
Il rapporto immediato tra CFD e asset sottostante impedisce che si venga a creare una catena dispersiva di elementi finanziari sottostanti e che il valore del CFD si distacchi da quello dell’asset reale, andando a esporre l’intero sistema al rischio di una bolla finanziaria.
Le variazioni di prezzo avvertite dal trader sono proporzionali a quelle reali con un rapporto proporzionale fisso, rendendo il trading su CFD diverso da quello reale unicamente per il valore delle quotazioni e per il fatto che, non essendo direttamente in possesso delle azioni, non si è azionisti della società in questione.
In tal modo non solo si evita la necessità di pagare commissioni alla banca ma non bisogna nemmeno sottostare alla marea di magagne burocratiche che caratterizzano l’operatività degli azionisti veri e propri. D’altro canto i guadagni sono proporzionalmente identici a fronte della possibilità di fare trading con molti meno soldi e approfittando di numerose altre opzioni, quali lo stop loss o il Copy Trading che facilitano l’accesso al mercato finanziario anche ai novellini e che permettono di minimizzare il rischio di perdite controllate nel caso di errori di valutazione.
