Anche in questa occasione gli spezzini hanno abbondantemente affollato il salone “Sforza” di via XX Settembre 148, confermando immutato affetto al novantasettenne poeta, che Cavallini, senza alcuna titubanza, ha collocato tra i migliori poeti dialettali italiani.
Benelli ha introdotto il gradito appuntamento sottolineando come la lingua italiana si stia inaridendo anche a causa della graduale scomparsa dei dialetti, opportunamente definiti dall’esimio docente di Filosofia del Linguaggio “lingue materne e affluenti della lingua italiana”. Ancor più lodevole è l’appassionato impegno profuso dall’amato cantore spezzino nel dare voce all’importanza del dialetto, manifestando attaccamento alla storia locale con un incedere che unisce cultura e originalità. Cavallini ha lungamente argomentato sulle differenze e le affinità tra Ubaldo Mazzini e Renzo Fregoso, quest’ultimo impropriamente ritenuto emulo del primo. Dotati di un’inesauribile e sistematica linfa ironica si distinguono, ha precisato lo studioso, per la diversa considerazione riferita al dialetto. Per Mazzini è il fine, per Fregoso è il mezzo.
Ennio Godani e Mirco Maccione hanno contribuito all’incontro con la lettura di poesie, di volta in volta, al centro dei puntuali approfondimenti interpretativi di Cavallini, nella cui analisi ha trovato posto la citazione della poesia “La luna” di Borges. Altrettanto significativi gli apporti sugli aspetti formali e sui contenuti della creatività poetica di Fregoso. Tra questi ha richiamato il curioso dualismo territoriale che si ritrova di sovente, cioè La Spezia e Piazza Brin, elevati idealmente l’uno a “macrocosmo” e l’altro a “microcosmo”, ma entrambi con ruoli di uguale rilievo nella sua ispirazione poetica e narrativa.