Molti posti vuoti ieri sera in platea e galleria alla prima spezzina dei Miserabili di Victor Hugo nell'adattamento teatrale di Luca Doninelli e regia di Franco Però. Il pregiudizio talvolta gioca brutti scherzi. Probabilmente alcuni abbonati sono rimasti spaventati dalle tre ore di spettacolo riportate nel libretto di presentazione, oppure dal ricordo scolastico del testo che, a seconda delle edizioni, supera le 1300 pagine o forse ancora dalla supposizione errata che un testo pubblicato nel 1862 e considerato un classico sia necessariamente noioso.
Chiariamo subito, chi non è venuto allo spettacolo messo in scena dal Teatro stabile del Friuli Venezia Giuliacon il CTB-Centro Teatrale Bresciano e il Teatro de Gli Incamminati si è perso senza dubbio uno degli spettacoli più belli della stagione teatrale 2018/2019 con una maestrale interpretazione di Franco Branciaroli nei panni del protagonista Jean Valjean. Stasera si replica e speriamo ci sia il pienone.
Chi è il “miserabile” in una società? Colui che ruba per vivere anzi per sopravvivere alla miseria più profonda, e per questo ne vive ai margini, o colui che con tutto se stesso vuole assicurare alla giustizia chi ruba? Colui che, capito il suo errore decide di farsi una nuova possibilità volta al bene o colui che non può accettare che un ex galeotto possa diventare “buono” e schiavo della misericordia?
Il testo di Victor Hugo, ambientato in Francia tra il periodo della Restaurazione post-napoleonica e la rivolta antimonarchica del giugno 1832, narra le vicende di numerosi personaggi: in particolare la vita dell'ex galeotto Jean Valjean e del suo percorso di redenzione. Appassionante il conflitto tra Jean Valjean, ex forzato, perseguitato dalla legge ma diventato buono e capace di gesti di grande umanità e Javert, l'ispettore, irreprensibile tutore della legge, che fa della cattura dell'ex galeotto lo scopo della sua vita, fino al loro drammatico faccia a faccia finale.
I "miserabili" sono le persone cadute in miseria, ex forzati, prostitute, ragazzi di strada, studenti poveri, la cui condizione sembra non cambiare né con la Rivoluzione né con Napoleone né con Luigi XVIII. La critica della società francese dell'epoca è ancora attualissima: la diffidenza verso il povero, il debole, l'emarginato lo sfortunato. Si può cadere nella vita ma è sempre possibile rialzarsi e ricominciare.
Semplice e cangiante la scenografia firmata da Domenico Franchi che coniuga astrazione e concretezza: tre elementi che sembrano una rivisitazione degli antichi periaktoi, che si muoveranno sempre, offrendo la possibilità di continui mutamenti di scena e di sfondo.
Uno spettacolo - almeno stasera - da non perdere.