Francesco Gesualdi, fondatore e coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, sarà il protagonista della prossima iniziativa dell’Associazione Culturale Mediterraneo. L’iniziativa, sul tema “A dieci anni dal 2008. Fuori dalla crisi. Oltre la crescita”, si terrà mercoledì 28 novembre alle ore 17 alla Mediateca Regionale Ligure (Via Firenze, 37).
“A dieci anni dalla Grande Crisi del 2008 -afferma Giorgio Pagano, Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo-, un fenomeno epocale che ha comportato l’aumento delle diseguaglianze sociali e che è per molti versi all’origine di grandi cambiamenti politici come il trumpismo e il declino del progetto europeo, dobbiamo interrogarci se siamo davvero usciti dalla crisi”. “Probabilmente -aggiunge- la crisi è ancora tra noi, e per uscirne non serve ‘tornare a come eravamo prima’, ma serve un’altra economia, oltre le teologie dei mercati, che si cimenti con la questione del superamento della crisi ambientale-climatica”.
Complice la pressione dell’Unione Europea, interessata a difendere solo il valore dell’euro, i governi, pur di pagare, hanno applicato dure politiche di austerità che però hanno provocato stagnazione, disoccupazione e povertà.
“L’alternativa all’austerità -sostiene Francesco Gesualdi- potrebbe essere il congelamento degli interessi, la ristrutturazione del debito e il recupero di sovranità monetaria socialmente orientata, ma si tratta di scelte fortemente penalizzanti per i ceti ricchi e per il mondo della finanza, per cui la scelta oggi perseguita è l’aumento del debito per rilanciare la crescita. Ma le possibilità di riuscita sono tutt’altro che garantite perché in un sistema aperto nessuno sa dove l’aumento di spesa può produrre i suoi effetti” .
“Ma anche ammesso e non concesso che l’operazione possa riuscire -si domanda Gesualdi- ci sono ancora gli spazi per crescere? Gli economisti hanno sempre il difetto di concentrarsi sui modelli econometrici senza tenere conto di altri aspetti come la disponibilità di risorse naturali e lo stato del pianeta. Ma vari segnali ci indicano che le risorse si stanno assottigliando, il clima sta impazzendo, le tensioni sociali si stanno aggravando. Per evitare il tracollo dovremo passare dall’economia della crescita, all’economia del limite, dall’economia del cowboy all’economia dell’austronauta, ma anche dall’economia della precarietà all’economia della sicurezza, dall’economia dell’avidità all’economia dei diritti. Potremmo chiamarla economia del benvivere o economia del rispetto, un’economia equa, sostenibile e solidale, capace di garantire a tutti un’esistenza dignitosa nel rispetto del pianeta. Una strada da imboccare al più presto perché la doppia crisi, ambientale e sociale, non ci lascia più tempo”.